Piccole Storie Crescono | S2-1
INCIPIT
Prima notte, una stanza di dodici metri quadrati, freddo, jet lag.
2. Adriano Parracciani
Per capire bene il mio disagio dovreste avermi visto di persona o aver sentito come mi descrisse un amico: “é un napoletano alto quanto quattro nani della favola a cavacecio”.
Esatto, sono proprio così. Questa storia dei nani e della favola mi fa tornare in mente una scena del film Totò Fabrizi e i giovani d’oggi, quando Fabrizi porta Totò, futuro consuocero, a visitare la casa che ha acquisato, con tanti sacrifici, per i futuri sposi. La casa è così piccola che Totò non risparmia la battuta sarcastica:
“E Biancaneve dove la mettiamo? Si perchè i sette nani possono trovare una sistemazione adeguata, ma Biancaneve lei l’avra vista un pezzo di ragazzona, dico, come…”
Ecco io mi sento come Biancaneve: dico, come ci dormo qui dentro?
3. Daniele Riva
Inscatolato. Come una sardina. Il sonno però è abbastanza tranquillo, forse perché sono praticamente imbalsamato. ‘O Faraone Vincenzamon. Il jet-lag comunque si fa sentire e mi sveglio che sono le 5 a.m. Mi disimballo e mi vesto praticamente come una marionetta tanto i movimenti sono condizionati dalla stanza. Come sarà la vita fuori? Mi avventuro con il mio inglese migliorabile e una gran voglia di caffè. Caffè, quello vero, quello fatto con la napoletana…
4. Adriano Parracciani
Macchè, niente da fare. Giro come un a trottola alla ricerca di simil-bar che servano qualcosa di assolutamentre distante da quei brodini che invece la fanno da padrone. Tutto inutile. Guardo nel vuoto come non fossi circondato da migliaia di persone che in maniera innaturale si disperdono senza produrre il chiasso a cui sono abituato. In questa ambientazione, deserta delle classiche scene cittadine italiane, mi appare un miraggio. Un uomo occidentale dai tratti marcatemente mediterranei si avvicina dall’orizzonte spingendo una sorta di carretto. La voce è ancora lontana ma il suono sembra quasi familiare. Quando arriva sotto i dieci metri stento a credere ai miei sensi: “Dotto’ a vulite na bella tazzulella e caffè?”
4. Daniele Riva
Pasquale Capone detto ‘O Giappunese mi racconta la sua storia. Come Colombo è emigrato dalla parte sbagliata del globo: credeva di andare in America e invece si è ritrovato qui, a Tokyo. Stessi grattacieli, lingue e scritture diverse. Ma tanto a lui che gli importa? Non conosce l’inglese e neanche il giapponese… Ma ha imparato quel tanto che basta per vendere il suo caffè. E i giapponesi apprezzano il caffè italiano. Sorseggio il liquido scuro nella tazza e mi sembra di essere in Paradiso, altro che a Tokyo. Posillipo, il Vesuvio..
5. Bruno Patrì
赤オレンジのシチリア。 “Arance, arance rosse di Sicilia ….!”
Quella frase sorprese sia me che Luca. – “Arance rosse di Sicilia … qui … in Giappone.”
Se ne stava tranquillamente seduto su un bidone del Dash dietro ad una bancarella realizzata su una carrozzina per neonati all’inglese.
Appena ci siamo avvicinati, alzò appena lo sguardo, rigirò la sigaretta senza filtro tra le labbra, si alzò in un tempo che mi apparve interminabile e tese la mano.
“Benvenuti in un angolo della Sicilia – qui non c’è l’Etna e nemmeno il vostro Vesuvio, ma ringraziando a Dio abbiamo altri vulcani e i ….. terremoti… sono all’ordine del giorno …. Mi fanno sentire meno la lontananza da casa”.
Noi italiani, anzi noi napoletani la provenienza l’abbiamo scritta … in faccia … non c’è bisogno di passaporto.
“Permettete …… Bruno Patrì ….. siciliano ….”
Stringiamo quella mano callosa e con le dita gialle di nicotina.
Sto per parlare ma lui con un fare … imperioso…. alza la mano : – “Prima assaggiate queste arance, sono di Ramacca, della Piana di Catania, me ne arriva un container ogni settimana, là non sanno cosa farsene ….. le schiacciano con le ruspe …. per tenere alto il prezzo …”
6. Vincenzo Moretti
Mò ci mancava solo Bruno Patrì con la arance di Ramacca.
7. Bruno Patrì
“Scusate, ma a voi ….. in Giappone ….. chi vi ci porta?”
“Caro dottore ….. la storia è lunga …. comunque se non avete fretta …. ve la posso raccontare”.
Si rimise a sedere sul bidone del Dash mentre noi trovammo posto, all’ombra, su un alto gradino a fianco della bancarella.
“ Io sono del ’54, ho sempre lavorato nel giardino (in Sicilia gli agrumeti si chiamano giardini) di mio padre, tre salme di terra, cioè 48 tumuli …. in metri quadrati fanno circa 100.000, cioè 10 ettari, cioè una bella rottura di … cabasisi . Arrivato a 19 anni sono dovuto partire ….. ho fatto il militare a … Cuneo. Un altro ambiente, tanti divertimenti, donne diverse …. con l’aria del continente …. mentre al paese …. se volevi piantare … un chiodo ….. ti dovevi sposare”
Si accese un’altra sigaretta senza filtro, diede due boccate, quattro colpi di tosse, otto soffiate di naso in un fazzoletto grande quanto …. una salma.
“Tornato al paese, dopo quattordici mesi, il lavoro del giardino non mi piaceva più così dissi a mio padre : – padre…. datemi …. un milione… che in America voglio andar….. –” .
Ulteriore soffiata di naso …. che fece vibrare il gong del vicino tempio.
“Lui mi rispose: – io un milione te lo do …… ma in America ……No! No! No!”
8. Daniele Riva
Pasquale Capone e Bruno Patrì sono i due lati di una stessa moneta, quella dell’italiano che si trova a suo agio ovunque nel mondo e vi porta il suo bagaglio di umanità e di arte dell’arrangiarsi. Non mi meraviglierei di trovare altri così. Invece, salutato il siciliano, dopo il caffè e la spremuta, entro in un negozietto gestito da giapponesi e mi compero dei biscotti. Speravo ci fosse non dico una massaia di Portici con le sue sfogliatelle, ma almeno un parigino con dei croissant. Esco, metto in bocca un biscotto. È salatissimo, puah!
9. La Musa
Oh, è ‘o vero, salaterrimi! mio fratello me ne portò una confezione, giusto giusto da Tokyo, ne conservo ancora la carta, troppo bellella per buttarla int’a ‘o sicch’ ra’ munnezz. Belli assai da vedersi, dicevo, preparati nello stile del sushi per intenderci, tutti rotolini colorati e disposti sul cabaret a fasce di colore dal più tenue al più carico, alcuni un po’ lucidi, altri impolverati da una sostanza biancastra, impalpabile, che lì per lì sperai fosse zucchero al velo, come si usa da noi ‘ncoppa a’ pastiera e ‘ncoppa ‘e sfogliatelle. Macchè, puah e doppio puah!!! Salaticci e viscidi come un celenterato del Pacifico. Ah, scusate, nn mi sono ancora presentata, song a sorella ‘e Pascalone Capone detto ‘o giapponese, Assunta Capone, per servirvi.
10. Adriano Parraciani
Eccone un’altra. Ma sono a Tokyo o a Piazza Garibaldi? Ammetto che i venditori ambulanti italiani proprio non me li aspettavo in Giappone. Mentre sono li, preso da sentimenti contrastanti per quei connazionali, arrivano fulminee tre Subaru della Polizia Metropolitana. Pasquale cerca inutilmente di confondersi tra i turisti, mentre Bruno Patrì, tentando la fuga, cade scivolando sulle sue stesse arance. Assunta invece, con una prontezza incredibile, mi prende sottobraccio e si stringe affettousa, recitando la parte della moglie impaurita.
11. Daniele Riva
Mi spinge in un negozio dove vendono kimono. Ne esamina qualcuno, con un aria da intenditrice assolutamente fuori luogo. “Dotto’, grazie, grazie assai” dice, e intanto getta occhiate nella strada dove la polizia sta ammanettando Bruno Patrì. “Ma io ve lo ricambio ‘stu favore, dotto’, state sicuro”. Mi mette in mano un foglietto con un numero di telefono. Se vi trovate nei guai, chiamate qui” dice facendomi inquietare in maniera impressionante. “Quassi cosa”… Con la coda dell’occhio vedo che anche Pasquale Capone viene arrestato e un poliziotto viene verso il negozio.
12. La Musa
Mio fratello è nato pazzariell, è stato sempre accussì, povera mamma! ‘Nu piezz ‘e core eh, intendiamoci, ma estroso assaje assaje. Eravamo otto figli e nun c’era pane, allora si doveva andare avanti co’ ‘e sicarett ‘e contrabbando. Mammà teneva ‘o banco a Via San Liborio vicino a Piazza Carità. Di giorno puliva le case dei signori del Vomero e di sera teneva ‘o banco de’ sicarett, mentre io preparavo un piatto di minestra calda per la cena. Poi arrivarono i marucchin, gli albanesi e nn si vendeva più bene, erano più pericolosi loro della polizia. Mammà stev malament, allora Pasquale dicett vicino a me: “Domani è l’ultimo carico che faccio, prendo i soldi e scappo in America, da lì vi aiuterò” E così fece, ma sbagliò qualcosa e si ritrovò in Giappone. E io pure mò sto qua, co’ stu’ dottore ca nun è bbon a recità, Madonna do’ Carmine, c’aggià fa? Mentre i poliziotti giapponesi entrati nel negozio puntano proprio verso noi due, guardo il dottore e con la voce più
suadente che mi sia mai uscita in vita mia, toccandomi la pancia gli dico: “Mimì, questo kimono è perfetto, mi accoglierà per tutti e nove i mesi, comodo, largo, un pò sgargiante come la bambola che mammà teneva ‘ncoppa ao’ liett” e nel mentre, prendo la sua mano fra le mie e lo induco a massaggiarmi la pancia – ” Mo’ damm nu’ vas” gli dico e intanto i poliziotti sembrano aver cambiato rotta.
13. Daniele Riva
Assunta Capone è una cozza. No, non intendo dire che è brutta. Può piacere. È una cozza perché si avvinghia e non mi molla. Riesco a infilarmi in un taxi e mi faccio condurre all’hotel. Ma… il tassista è Bruno Patrì. “Dottore” mi fa”, non si preoccupi, sono dei servizi segreti: è da quando è arrivato in Giappone che la sorveglio. Mi sono infiltrato nella gang e con l’aiuto della polizia nipponica siamo riusciti a sventare un complotto ordito ai danni della sua persona”. Prosegue: “Lei deve sapere che Assunta e Pasquale Capone sono…
14. La Musa
Ha parlat o’ MiTiLE ignoto! Ma che siamo e siamo, opperbacco! Mio fratello è un santo signurì, ‘a copia ‘e San Gennaro! E io sono qui per evitare che qualche malafemmena giapponesa so’ purtass int’a casa soja! E ci sono altri fatti da contare, altrochè! Dovete sapere, signurì, che quel tale Bruno Patrì ca’ mo’ s’ spacc’ pe’ detectìv è ‘nu malament, un mariuolo come si dice. Scusate, ma quando sono molto arrabbiata, mi parte la calata partenopea. ‘O saje comm’ se ddic’ ao’ paese mio? ‘A gatta quanno nun po’ arrivà a ‘o lardo, dice che fete! Ma torniamo ai fatti che ci coinvolgono. Dicevo, quel mascalzone di Bruno Patrì, ten’ ‘a scusa dei portogalli di Ramacca, tutta commedia è! Quello venne a Tokyo per sfuggire a un regolamento di conti; l’aveva fatta grossa, si arrubbò mezzo patrimonio del boss di Barcellona; no ‘a Barcellona spagnola, Barcellona Pozzo di Gotto, ‘a patria da’ maffia! Manco in America potè riparare, che l’avesser’ accis’ pure là.
15. Daniele Riva
E così Assunta è riuscita a infilarsi anche dentro il taxi. E non so più di chi fidarmi. Patrì ricercato dalla polizia di mezzo mondo e pure dal commissario Montalbano (in effetti, ora che ci penso, non mi ha mostrato nessun tesserino).
E in tutto questo bailamme si sono fatte le dieci e ho appuntamento alle 11 a Yushima, sul Kasuga Dori. Cosa faccio? Chiedo al tassista-latitante-Mitile Ignoto di portarmi là? Oppure dovrei scendere? E ‘sta pazza me la porto dietro come garanzia? Gesummaria, che dilemma!
16. Entropia
La situazione sta diventando insopportabile, anzi meglio: direi quasi noiosa. Mentre Assunta continua a parlare e Bruno Patrì a guidare prendo lo zainetto e lo sistemo tra i miei piedi. Mi curvo facendo finta di cercare qualcosa; in realtà sto indossando i guanti di pelle marroni. Continuo nella finta ricerca di qualcosa per il solo tempo necessario ad avvitare il silenziatore alla Glock calibro 9 parabellum che tengo nella sacca interna. In lontananza sulla destra c’è una grande area di parcheggio. Estraggo la pistola e la punto al fianco destro di Assunta. Sparo due colpi in rapida successione; Bruno non fa in tempo a chiedersi cosa succeda che la canna ancora calda della mia Glock è attaccata alla sua nuca – Vai lì a destra, nel parcheggio. Fai come dico e tutto andrà per il verso giusto – Bruno esegue l’ordine senza fiatare e si ferma nella parte più isolata, in mezzo ad un paio di Toyota. Per lui basta un colpo solo.
17. Deborah Capasso de Angelis
Sapevo di avere un’altra scelta. C’è sempre un altro modo di risolvere le situazioni ma ho imparato a seguire sempre il mio istinto. Quei due avrebbebbero attirato troppo l’attenzione su di me. Bruno ha gli occhi fissi nel vuoto ed un’espressione crudele, da padrone del mondo.
Lo rimetto seduto al posto di guida senza destare sospetti tra gli automobilisti che si dirigono, veloci, a riprendere le loro automobili. Salgo sul sedile posteriore, ripongo la pistola nello zaino e noto una signora che mi fissa. Abbraccio Assunta. Mi si accascia tra le braccia e fingo di baciarla, è calda. Ripenso alla mia prima volta. Il terrore ed il desiderio, la finzione dell’amore, l’odore dei corpi, i sensi di colpa, l’angoscia del dopo. Manca il respiro, adesso c’è l’alito della morte…
18. Daniele Riva
Sono le 11. Sono a Yushima, sul Kasuga Dori. È l’ora del mio appuntamento. Ecco l’uomo che mi attende. Indossa come sempre il suo gessato e gli occhialini con la montatura d’oro. Hiroshi Kawasaki, è il potente capo di “Entropia”, una setta segreta affiliata alla Yakuza. Deve darmi il nome del mio prossimo “contatto” da eliminare. Come quando clicchi con il tasto destro su Cestino e poi su “Svuota”. Questo è il mio lavoro. Quel nome che Kawasaki ha scritto su un foglietto che poi ha bruciato nel posacenere è quello di un noto manager giapponese. Sta a Chiba, una cinquantina di km da Tokyo…
19. Bruno Patrì
“Luca …. vieni con me …mi sembra di vedere un nostro connazionale in difficoltà”!
Era un sessantino scarso, … di età, di peso e di … altezza e stava praticamente litigando con un poliziotto.
Sembrava il Dr. Livingstone in tenuta da viaggio: stivali marrone scuro, sahariana completa di casco coloniale, occhiali da sole Lozza tipo Arisa, zaino dello stesso colore della … divisa e in mano teneva una rullina da venti metri ed un doppio metro.
Mi avvicinai: “Italian ….. I suppose……”
“Supponete bene caro Signore …. Purtroppo io non sono bravo a parlare il cinese e questo cretino qui non solo non capisce il mio cinese ma nemmeno il mio inglese con inflessione catanese e non sa nemmeno dirmi dove posso trovare la Grande Muraglia”.
“Scusate …. ma voi volete parlare cinese con un ….. giapponese?”
“Come …? Un poliziotto giapponese in Cina ?… eh già oggi ….con la cassa integrazione … con la mobilità …… succede questo ed altro..”
“Ma quale Cina …” – rispondo io – “Qua siamo a Tokio …. In Giappone ….. e per la Grande Muraglia …. mi sa che siete un po’ ……. fuori mano ….”
“In Giappone? Lo sapevo …., l’avevo intuito che qualcosa non andava …. ora capisco … ora vi spiego …… Dunque io ho un cugino che ha un cognato il cui nipote ha un’agenzia di viaggi … vado da lui e gli dico – Michele ho bisogno di un biglietto andata e ritorno per la Cina – E lui mi risponde – Caro Zio …. non ci sono problemi …. ti trovo subito un volo a prezzo stracciato …. chiaramente non è un volo diretto ….. dovrai fare qualche scalo intermedio … allungherai un po’ …. qualche ora in più …”
Tira fuori dalla tasca un enorme fazzoletto …. (dove ho visto un fazzoletto simile?) e si asciuga la fronte imperlata di sudore.
“Dunque …. Dove ero rimasto …. Ahh. Si … mi imbarco a Catania Fontanarossa, primo scalo Palermo, secondo scalo Napoli, poi Roma, Milano, Vienna, Parigi, Madrid, Barcellona (in Spagna e non Pozzo di Gotto), Tunisi, (passo sopra Catania), Atene, Il Cairo, Gerusalemme, Baghdad, Tashkent, Kuanu Lampur, Hanoi, Tokio, Baijing” ……. 72 ore di volo … anzi di ….aeroporti”
Comincia a “santiare” nel suo dialetto …… “ Mi sa che sono sceso una fermata prima”
Improvvisamente si batte il palmo della mano in testa rischiando di fraccassarsela: “Che maleducato ….. permettete che mi presenti ….. Bruno Patrì … geometra … di Caltagirone … provincia di Catania”
Io guardo Luca ….. Luca guarda me ed insieme esclamiamo ad alta voce “Un altro Bruno Patrì siciliano ?”
“He no … egregi signori …. Io sono l’unico Bruno Patrì siciliano, anzi italiano, in tutto il mondo ce n’è solamente un altro ….. ed è francese…. Se non mi credete … guardate su … Facebook”.
“Ma noi poco fa abbiamo incontrato un altro Bruno Patrì, siciliano, di Ramacca, vendeva le arance rosse, poi è stato arrestato, poi faceva il tassista e diceva che era dei servizi segreti”
Ci guardò pensieroso. “ Dunque …. Ramacca, arance, arance rosse, arrestato …….ho capito chi è, l’ho letto quindici giorni fa su “La Sicilia” – edizione di Catania – Truffa alla Comunità Europea – 300.000 chili di arance rosse sparite misteriosamente “
Tira di nuovo fuori il fazzoletto e si soffia il naso. Il suono fa vibrare il gong di due tempi più avanti.
“Questo …. signore …. che, a quanto pare, si è appropriato della mia onorata identità ….. trattasi di certo Giuseppe Francesco Bartolomeo Maria Balsamo detto “Cagliostro” …. Ha un enorme agrumeto nella piana di Catania …. Ha usufruito degli aiuti della Comunità Europea per le sue arance … non solo le ha vendute a tre acquirenti diversi ma ha fatto comparire di averle mandate al macero ed invece se le era …. imbarcate a Palermo in trenta bei …. container …. destinazione sconosciuta. Lo cercano tutti: i Carabinieri, la Polizia,la Finanza, l’Interpol, gli accalappiacani, la suocera ….”.
20. La Musa
Se proprio doveva succedere, avrei preferito morire sotto i colpi di una Luger P08 – al cuore nn si comanda – e invece eccomi qua, in quest’asettico ospitale tokiese tutta fasciata come una mummia egiziana. Oh, Maronna mia, ma p’cchè chill m’ha sparat’ propr’ a mme? Sono intontita, nn ricordo nulla, tranne quei colpi sparati accussì, a bruciapelo. Signurì… SiGNURììì, maronnamia, teng a frev’, signurì, chiamatemi a Pascale ‘o frate mio, ci debbo parlare urgente!
21. Bruno Patrì
“Per lui basta un colpo solo” …… Poveri illusi … mi hanno dato per morto!
Il proiettile mi ha fatto un buco nel lobo dell’orecchio sinistro … ci metterò un bel piercing d’oro … me lo farò fare apposta .… con l’oro dei denti fasulli di Entropia …dopo averglieli stappati uno ad uno…… con le mie mani! Adesso devo cambiare identità . “Cagliostro” avrà la sua vendetta …. la sua tremenda vendetta!
22. Viviana Graniero
Sarà uno scherzo da ragazzi… mi rivolgerò a Giovanni “taleequale”, il migliore falsario di documenti in circolazione! Domani avrò la mia vendetta e poi finalmente andrò a recuperare la valigetta…
driiiiiiiiiiinnnnnnnnn…
“E’ tutto pronto, cassetta di sicurezza n.23”
23. Daniele Riva
Buongiorno. Sono il “deus ex machina”, l’espediente che permette di portare avanti una storia. “Deus” nel vero senso della parola. Perché questo è il Paradiso, è bello ma spesso ci si annoia, e allora i ragazzi si inventano giochi di ruolo per divertirsi un po’ e passare il tempo. È per questo che non muoiono mai. Dunque. San Bruno, San Vincenzo, Sant’Assunta e San Pasquale si sono inventati questo giochetto ambientato a Tokyo. Ah, vi lascio indovinare chi ha scelto per sé il ruolo di Entropia.