Un pizzico di senso in più
Non dirò che quella di dopodomani è la più bella, non c’è ragione, ciascuna delle dodici presentazioni che ho fatto fino ad oggi mi ha lasciato bellezza, amicizia, senso, e so che sarà così anche dopo Castellammare, a Pomigliano d’Arco il 29 giugno, il 17 luglio a Caselle in Pittari, in settembre a Mugnano, a Cosenza, a Ponticelli, a Reggio Emilia e in tutti i posti nel quali sarò invitato a parlare di amore per le cose ben fatte, di rispetto per il lavoro, di cuore artigiano, di voglia di fare bene le cose perché è così che si fa.
No, non voglio fare graduatorie, intendo piuttosto raccontare perché la presentazione organizzata da Clelia Cafiero a Castellammare ha per me un sapore speciale.
Il racconto comincia con Clelia, mia ex studentessa a Unisa, corso di Sociologia dell’Organizzazione, che un giorno di un paio di mesi fa mi scrive su Facebook dicendomi che vorrebbe organizzare una presentazione del mio romanzo nella sua città, che vorrebbe farlo dopo le elezioni, che se io sono d’accordo lei intanto si mette in moto. Immagino che dopodomani, quando la incontrerò, sarà diverso, ma io così, nome e cognome, di Clelia Cafiero non mi ricordo. No, non consideratela una mancanza di riguardo. I miei figli mi mettono in croce, gli amici anche, ma ciò non impedisce io abbia pochissima memoria, che diventa quasi zero quando si tratta di nomi e di facce. Sono un sociologo con il daimon scugnizzo, connettivista per necessità, sensemaker per vocazione, storyteller per passione, sta di fatto che senza la mia innata, notevole capacità di collegare persone, concetti e cose non potrei fare le cose che faccio. In ogni caso a Clelia rispondo che ha avuto una bella idea, che mi fa molto piacere presentare il mio libro a Castellammare e che dunque può procedere.
Il racconto continua con Ida, che dopodomani non ci sarà perché ha da risolvere una questione più importante (a lei va un caloroso in bocca al lupo), AnnaSara, Giuseppina, Palma, Davide, Fiorella, e tante altre/i ragazze/i che hanno scelto di interagire, di venire ad ascoltare il mio racconto, di arricchirlo con i loro.
Il racconto finisce con me che quest’anno, dopo dieci anni, non sto a Unisa con il mio corso di Sociologia dell’Organizzazione. È stata in buona parte una mia scelta, che spero peraltro non irreversibile, e continuo ad essere contento di averla fatta, anche se mi mancano tanto il mio maestro, Salvatore Casillo, i miei amici, cito per tutti Sabato Aliberti e Massimo Dal Forno, e sopratutto le/i mie/i ragazzi, che loro sono il presente dell’università, non solo il futuro, e non certo perché lo dico io, ma perché lo dicono le storie di successo delle più importanti università del mondo. Ecco, le/i ragazzi/e, quelli che come dice Clelia quando sentono che arrivo a Castellammare con Testa, mani e Cuore le dicono “sì, ci veniamo, abbiamo seguito il suo corso” oppure “sì, ci veniamo, anche se non abbiamo seguito il suo corso”.
Ora non aspettatevi che ci siano le folle giovedì pomeriggio a Castellammare, che io non sono mica Leo Buscaglia e loro, le/i ragazze/i, hanno sempre mille cose da fare e mille ragioni per cambiare idea all’ultimo minuto. Ma io non cerco le folle. Me ne basta una/o. E avrò portato un altro mattoncino, dato un altro pizzico di senso ai dieci anni bellissimi che ho trascorso con queste/ ragazze/i.
Grazie Clelia. Con tutto il cuore.