A conclusione di un lavoro di ricerca che ha visto la schedatura e l’immissione, nella banca dati digitale “La memoria dei luoghi”, dell’archivio dei fotografi Nuzzo di Vallo della Lucania, abbiamo incontrato la prof. Bianca Arcangeli, responsabile del progetto e relatrice al convegno promosso dal Dipartimento di Sociologia e di Scienza della Politica dell’Università di Salerno: Una famiglia di fotografi del Cilento: i Nuzzo.
Fotografi locali, memoria, ricerca, territorio: queste mi sembrano le parole chiave del progetto.
Vorrei fare un piccolissimo passo indietro per ricordare che la produzione dei fotografi “locali” non può essere considerata pura ripetizione, eco, magari di qualità inferiore, di quella dei grandi fotografi di livello nazionale e internazionale; che essa è di straordinaro interesse non solo per le scienze sociali ma anche per i soggetti, i territori, le culture locali; che il termine “locale”, per quanto sia per certi versi ingannevole, coglie tuttavia i tratti distintivi del fenomeno: è una produzione “locale” perché opera di persone del luogo, siano essi professionisti, amatori e dilettanti, per i suoi contenuti, perché destinata in larga parte al consumo locale, perché diffusa infine prevalentemente attraverso circuiti locali.
Il lavoro di ricerca svolto sul fondo Nuzzo, che racchiude le immagini scattate da Umberto (1903-1980) dai figli Aniello, Filippo e Francesco, quest’ultimo ancora oggi proprietario di uno studio fotografico a Vallo della Lucania, si colloca per l’appunto in questo contesto.
Ci faresti qualche esempio di ricerche svolte intorno all’attività dei fotografi “locali”?
Eccone tre.
Il primo si riferisce alla mostra dedicata a Cuneo (a cura dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea), nel 2003, all’opera di Leonilda Prato (1875-1958). Figlia di una tessitrice e di un calzolaio, donna della montagna tra Piemonte e Liguria, Leonilda apprese per caso, da un fotografo austriaco incontrato in Svizzera nel suo peregrinare al seguito del marito, musicista ambulante, l’arte della fotografia. Fu fotografa ambulante al seguito del marito, poi, ritornata in paese, fotografa delle sue genti. Di lei la tradizione orale conserva ancora qualche immagine, da anziana: “I capelli erano bianchi e soffici, e lei li portava raccolti in una crocchia. Sistemava la macchina agli angoli del paese e scattava le fotografie, come aveva fatto tutta la vita, ma non se li faceva pagare, i ritratti: la gente di campagna le portava una formaggetta, cose così. Qualche volta la sera, raggiungeva le famiglie riunite per le veglie e cantava, accompagnandosi con la chitarra. Aveva una bella voce, Leonilda…“. Del suo lavoro ci restano circa 3000 lastre, tutte del periodo trascorso in paese, tutte prive di riferimenti, annotazioni, didascalie.
Il secondo si riferisce alla recente mostra dedicata a Bologna all’opera di Enrico Pasquali, (1923-2002), muratore, stradino, pompiere e aiuto tipografo ma anche dal 1947 fotografo ambulante, e poi, dal 1950, in società con Ermenegildo Zuppiroli, proprietario di uno studio fotografico a Medicina. Pasquali con le sue numerosissime immagini, ora depositate presso l’Archivio della Cineteca di Bologna che ha curato la mostra (www.cinetecadibologna.it) ci restituisce la vita delle popolazioni rurali dell’appennino emiliano degli anni cinquanta e sessanta.
Il terzo viene dal Mezzogiorno ed illustra l’archivio di Prospero di Nubila (1902-1989) fotografo di Francavilla sul Sinni. 300 stampe. |