Sillabario Veneziano
Amici
Per carità, il programma della De Filippi non c’entra nulla, ci mancherebbe anche questa, al massimo c’entra, ma appena un po’, la canzone di Guccini, quella dove dice “non cerchiamo la gloria, ma la nostra ambizione è invecchiar bene, anzi, direi… benone!”, insomma gli amici di cui parlo sono quelli di Stefania Bertelli, quelli che alla presentazione di Bella Napoli sono venuti per lei più che per me, anche se poi alla fine spero di averli convinti che ne valeva la pena, ma questo l’ho già detto quella sera là.
Ora, poiché i loro nomi non me li ricordo tutti non ne citerò alcuno, neanche quelli dei due amici miei che sono venuti alla presentazione, che tanto i nomi non sono quasi mai importanti, il dare nomi sì, ma quello è un altro discorso. Dirò invece che quello che mi è piaciuto un sacco è stato l’impegno, l’attenzione, la serietà con cui è stato discusso il mio libro, niente banalità insomma, a tratti per me è stata tosta e persino difficile anche se credo di essere riuscito a tenere la rotta, a non perdere il filo del mio discorso, a dire della mia voglia e del senso di raccontare Napoli, e l’Italia, attraverso il lavoro. Ecco, di questa attenzione, serietà, impegno, sono sinceramente grato a Stefania e a tutte/i coloro che hanno partecipato, di più, spero che almeno qualcuna/o di loro trovi la voglia e l’interesse di continuare a interagire, magari scrivendo una recensione o un commento al libro.
Blu
Sì, blu, come il cielo di Venezia, di Conegliano, del Veneto in questi giorni. Difficile immaginare condizioni migliori. Sì, questa volta tocca a Rino Gaetano, il cielo è sempre più blu, Venezia sempre più bella, persino per quelli come me (vedi alla voce Venezia).
Conegliano
Una sbirciata ma proprio una sbirciata su Wikipedia l’avevo data prima di partire, giusto il tempo di leggere della torre del 1200, se ricordo bene, del corso principale, insomma quanto basta per poter dire a Cinzia che anche lì avremmo trovato qualcosa da vedere, per alleviare il suo dolore nel lasciare Venezia. Complice la splendida giornata di sole per le strade di Conegliano abbiamo trascorso una mezza giornata incantevole, ma non è di questo che intendo raccontarvi, nel caso fate come me, cercate su Wikipedia.
Voglio dirvi piuttosto che appena fuori la stazione Cinzia dixit: “questa è una cittadina molto ricca”. “Perché?”. “Guarda quante banche, e poi le auto, tante di grossa cilindrata e quasi tutte nuove di zecca”. Azz, che occhio sociologico che ha la signora. Dieci minuti dopo, mentre Carlo, il marito di Silvana mia cugina, insomma abbiate pazienza che tra un paio di voci farete conoscenza, ci porta a casa sua, gli dico “città molto ricca, questa Conegliano”, e ho come risposta “sì, è ricca, ma adesso è ricca normale, ma prima era ricca ricca, qui fino a dieci anni i soldi camminavano da soli per strada”. Non so perché ma i soldi che camminano per strada mi fanno pensare a Money, la canzone dei Pink Floyd, la differenza tra “ricca” e “ricca ricca” al fatto che non ci sono abituato, che a livello di città dalle nostre parte si usa di più “povera” e “povera povera”. Faccio appena in tempo a pensare che tutto questo è soprattutto colpa nostra, nel senso di noi meridionali, che ci fermiamo all’asilo dove Carlo lavora. Ci dice di scendere, ci fa visitare l’asilo, io penso alla differenza tra “asilo asilo” e “asilo” Cinzia telefona alla sua amica Pina che fa la maestra in un asilo di Bacoli. Ha ragione il mio amico Luca De Biase, non è più tempo di questione meridionale, ci vuole la risposta meridionale, ma di questo ne parliamo un’altra volta.
Fabrizio Ferrari
Fabrizio è l’eccezione che conferma la regola, è l’unico amico di cui parlo, ma non perché è venuto a prenderci all’aeroporto, ci ha portato a prendere il caffè nella sua splendida casa anche se il merito è più della moglie Paula che sua, il merito della casa non del caffè, ci ha accompagnato alla Feltrinelli di Mestre a ritirare le copie del libro spedite dalla Feltrinelli di Milano, ci ha accompagnato a Piazzale Roma ma solo perché a Venezia accompagnarti in auto in centro è tecnicamente impossibile. No, se parlo di Fabrizio è per dire che le nostre discussioni su Napoli e i napoletani sono cominciate ai tempi delle presentazioni di “Come ti erudisco il pupo”, scritto da Salvatore Casillo, Sabato Aliberti and me, a Padova e Trento. Persona colta, critica, attenta, orgogliosa del suo essere veneziano doc, se deve provocarti lo fa senza problemi, come quando ti chiede “ma come fate voi napoeltani a non ribellarvi?”, ma il più delle volte ti stimola, suggerisce, ti propone curiosità come ad esempio martedì 11 marzo 2008 (tranquilli, non è che d’un tratto mi è tornata la memoria, è che sta scritto in “Enakapata, storie di strada e di scienza da Secondigliano a Tokyo”, scritto assieme a mio figlio Luca al ritorno del nostro indimenticabile viaggio in Giappone) quando mi scrive: “Caro Enzo, ti seguo nel blog quotidianamente. Ti confesso che l’idea di un napoletano a Tokyo mi incuriosisce molto. Da Secondigliano al Giappone il salto è grande, mi chiedo come affronterai la cultura nipponica e gli infiniti stimoli della terra del Sol Levante, cosa produrrà la tua mente fertile. Al ritorno potrai raccontarci molte cose di quest’esperienza. In realtà so poco della sociologia giapponese e non conosco gente che ne sappia molto, quando rientri ti inviterò a Padova per tenere una lezione con il maestro di scuola salernitana (Casillo). Penso di non avertelo detto, ma la mia grande passione sono i pesci, ed il popolo giapponese ne è un grande divoratore (140 Kg all’anno pro capite). Mi dicono che una delle attrazioni straordinarie di Tokyo è il mercato ittico, uno dei più importanti al mondo. Se ne hai l’opportunità vallo a vedere, credo che anche dal punto di vista organizzativo sia molto interessante. Sono certo ne uscirai esterefatto. Ti auguro un buon soggiorno in Giappone. Fatti vivo di tanto in tanto. Un abbraccio affettuoso.”.
Ecco, una persona così è davvero meglio trovarla che perderla e insomma visto che non l’ho fatto allora che in un libro sa troppo di sdolcinato lo faccio adesso e gli dico semplicemente grazie.
Flora e Silvana
Flora e Silvana sono invece le mie cugine, figlie di zia Carolina, la sorella di mamma. Certo che lo so che così anche chi arriva qui per caso capisce che sono napoletano, ma mica lo devo nascondere, il fatto che sia molto critico con la mia città non mi impedisce né di amarla né di esserne orgoglioso, e in ogni caso sono stato contento che più contento non si può di rivedere Flora e Silvano, Gigi e Carlo, i loro mariti, Arianna, Tatiana, Carolina, Carmela, Domenico, i loro figli, e poi i mariti e i figli dei figli che come vedete quando comincio coi nomi finisco sempre per dimenticarne qualcuno.
L’ho detto già che i nomi non sono importanti? Meglio. Ciò che importa è che una folta delegazione della famiglia, come si diceva una volta, è intervenuta alla presentazione a Venezia, che nei gironi successivi abbiamo potuto stare un po’ di tempo assieme, che ci hanno accolto con grande premura e altrettanto affetto, non solo Flora e Silvana, ma anche Gigi che si è preso il sabato di ferie per portarci in giro per Conegliano e Carlo che ci accompagnato all’aeroporto di Venezia. Ebbene sì, niente parenti serpenti, soltanto parenti contenti, e sono cose che se le apprezzi ti riempiono il cuore di gioia, e scusate se è poco.
Menù turistico
Viene offerto dappertutto, è l’unica cosa che costa poco, ma giuro che ho mantenuto il punto. Nessuna puzza sotto al naso, ci mancherebbe, funziona come con la fila alla mensa, piuttosto non mangio ma non la faccio, o come con il caffè, se non è in tazza piuttosto non lo prendo, che problema c’è. Nella fattispecie il mio motto è stato “magari mangio una cosa sola, ma la scelgo da me” e Cinzia non ha avuto difficoltà a seguirmi, lei una cosa sola la mangia di default, un po’ perché mangia poco un po’ perché fa a pugni con la dieta. Il primo giorno lei fegato alla veneziana e io coda di rospo con le patate, più un tiramisù che non c’è stato verso di farglielo mangiare da sola, il secondo io filetto e lei lasagne alle verdure affacciati sul Canal Grande a tre metri tre dal ponte di Rialto con le gondole che facevano su e giù. Io per la verità mi sono fatto nuovo nuovo, va bene mi sono rifatto, la sera, leggete alla voce Stefania Bertelli, Cinzia non me lo ricordo, ero troppo impegnato a farmi nuovo nuovo, ma comunque credo di no.
Stefania Bertelli
Sì, c’è voluta Bella Napoli a Venezia affinché con Stefania potessimo fare girare l’interruttore da @mici ad amici. Elegante, affettuosa, discreta, è stata un’ospite meravigliosa e anche un’ottima organizzatrice, perché Cinzia and me non è la prima volta che siamo in giro al di là del Garigliano e dunque lo sappiamo bene che non è facile far partecipare tante persone alla presentazione di un libro.
L’incontro in Campo dei Frari, di fronte alla bellissima chiesa con annesso chiostro, con Cinzia ci avevamo anche provato a trovarlo da soli il teatro dove si presentava il libro, ci eravamo anche andati vicino, ma vicino in questi casi non basta e perciò ho telefonato a Stefania e ci siamo dati appuntamento lì. Le chiacchiere intorno alle mie storie di lavoro, di passione e di rispetto, ma di questo vi ho raccontato già, poi la cena a casa sua, la sua antica cortesia, stoviglie color allegria (Guccini, ancora lui, spero mi perdoni, ma “nostalgia” in questo caso non era la parola giusta). Della pasta e fagioli, dei bisoli al sugo, dell’ottimo vino e dei formaggi e dei dolci rigorosamente veneti non posso che dire un gran bene, ma le due cose due per me indimenticabili sono l’amicizia con la quale siamo stati accolti da Stefania, da suo marito Franco e dagli amici che hanno invitato a cena, perché insomma per tutta la serata io e Cinzia ci siamo sentiti a casa nostra, e quella crema di stoccafisso che non mi ricordo come si chiama ma spalmata sui crostini garantisco che è una delizia delizia. La crema di Stefania, si, per quanto mi riguarda la chiamerò così, ha conquistato la medaglia d’argento all’olimpiade del mio gusto, subito dopo il baccalà fritto, che quello per quanto mi riguarda è l’ultima cosa che spero di mangiare prima di tornare da dove sono venuto.
Stupido hotel
Come sapete è il titolo di una canzone di Vasco Rossi che avevo già usato ai tempi di Enakapata. Perché riproporlo qui? Perché il post di lunedì 3 marzo 2008 finiva così: “la stanza dimensioni casetta di Barbie trasmette un senso di inquietudine. Mentre mi chiudo la porta alle spalle Luca mi dice che quando torniamo conviene tenere le valigie fuori tanto qui nessuno le tocca. Lo guardo con occhi modello non capisco che dici. O noi o loro – chiosa -. Mi sembra difficile riuscire a stare dentro tutti”. Togliete inquietudine e Luca e aggiungete un bagno come si deve con una doccia con idromassaggio e ci siete. Per una notte si può fare, ma come direbbe Totò quelle sono stanze per (uno de)i sette nani, simpatica categoria alla quale però con i miei 197 centimetri faccio fatica ad appartenere.
Venezia
Meglio dirlo subito, a me Venezia non piace, di più, mi inquieta, rieccola la parola galeotta. Fermi, fermi, non ho detto che non è una città incantevole, bellissima, unica, meravigliosa, strabordante di arte e di storia e aggiungeteci pure tutto quello che vi pare, ho detto solo che non mi piace, che mi inquieta. Proprio così. Troppa acqua, troppo scura nonostante il sole splendente, soprattutto troppi turisti, sempre, dappertutto. Giuro che ci abbiamo provato a vagare, a vagabondare, a disorientarci, a bighellonare, insomma a fare come suggerisce Tiziano Scarpa, ma non è mica così facile, 8-9 ore di cammino in due giorni non sono bastati a trovare che dico una strada, un vicolo, senza italiani, giapponesi, cinesi, ucraini, polacchi, olandesi, francesi, americani, aggiungeteci voi qualunque popolazione del mondo che tanto a Venezia la trovate. Ha voglia Cinzia di essere entusiasta, incantata, ammirata, da tanta bellezza, che quando fa così ritorna bambina e diventa davvero una persona speciale, io a Venezia mi sento ogni volta quasi come Antonio, il mercante di Venezia: “In verità, non so perché sono così triste. Mi duole e dite che ciò duole anche a voi; ma io in qual guisa sia pigliato questo affanno, come l’abbia trovato, in che consista, da che sia originato, non so ancora comprendere”. Ciò detto, ammetto che quando ho letto su Wikiquote “Così disposte ai due lati del canale, le abitazioni facevano pensare a luoghi naturali, ma di una natura che avesse creato le proprie opere con un’immagine umana”, firmato Marcel Proust e poi anche “Se dovessi cercare una parola che sostituisce ‘musica’ potrei pensare soltanto a Venezia”, firmato Friedrich Nietzsche mi sono quasi vergognato, ma è stato solo un attimo, alla fine se il primo diritto imprescrittibile del lettore è il diritto di non leggere il primo diritto imprescrittibile del viaggiatore può ben essere il diritto di sentirsi a disagio a Venezia. Punto. E grazie.