Competizione collaborativa da geni
Giugno 2007. Su Nature vengono pubblicati i risultati della ricerca condotta nell’ambito del programma ENCODE (the Encyclopedia of Dna Elements, 10 i paesi e 80 i gruppi di ricerca partecipanti) che svelano il comportamento di una prima, piccola, preziosa parte del nostro codice genetico.
Il fatto è di quelli rilevanti. Ancora di più lo sono le sue conseguenze. Per la scienza. E per i comuni mortali che da essa si aspettano rimedi e soluzioni per vivere meglio e più a lungo.
Sono trascorsi più di 80 anni da quando Ogburn e Thomas analizzarono 150 casi di scoperte multiple indipendenti e svelarono al mondo che alla base dell’inarrestabile progresso della conoscenza ci sono scienziati e tecnologi che, presi dallo stesso furore scientifico e alle prese con gli stessi problemi, approdano alle medesime soluzioni. Ma quella alla quale ci prepariamo ad assistere si presenta come una vera e propria nuova corsa all’oro. Con in palio una petita assai preziosa, il genoma umano. E una sorpresa: al tempo della società liquida, di internet e dei consorzi internazionali di ricerca più che in ogni altra fase per vincere non basta competere. Occorre collaborare. Interagire. Sapendo che saranno in tanti ad arrivare quasi fino al traguardo. E che a vincere sarà, come sempre, uno solo.
Due le parole chiave: competizione e collaborazione. Vince chi conquista la priorità, chi raggiunge per primo un determinato risultato, chi dimostra originalità di vedute e abilità di attuazione. Si gioca su un campo tanto vasto e inesplorato che non si vince senza condividere dati, informazioni, punti di vista, conoscenza.
Come tutte le storie che si rispettano, anche la nostra ha un protagonista principale. Si chiama Piero Carninci. È senior scientist al RIKEN, Genome Science Laboratory di Saitama, in Giappone. Come direttore scientifico di Fantom 3, il consorzio promosso da RIKEN con 45 istituti di ricerca di 11 paesi, ha sviluppato la tecnologia e prodotto dati complementari a quelli inizialmente pianificati dal consorzio ENCODE. È uno dei molti autori del paper pubblicato su Nature. Un tocco di straordinario genio italiano in un mondo dominato da USA e Giappone. Con lui abbiamo fatto il punto sullo stato della ricerca sul genoma. E su cosa ci aspetta nel futuro prossimo venturo.
Carninci non ama i giri di parole. Spiega che, una volta completata la mappatura del genoma, ci si è resi conto che capirne la funzione era pressoché impossibile: era come avere tra le mani un libro con una monotona sequenza di 3 miliardi di G, A, C, T messe in riga senza conoscere né l’inizio né la fine delle parole, né la punteggiatura né la grammatica. Aggiunge che l’individuazione delle regioni che codificano per proteine ha permesso di comprendere le parole. Che oggi l’obiettivo è comprendere come le “parole” sono correlate l’una con l’altra (punteggiatura, grammatica, ecc.). Che la prossima sfida porta dritto alla comprensione della loro logica.
Il National Institutes of Health (NIH, USA) – racconta – ha lanciato nel 2003 il programma ENCODE proprio con l’obiettivo di sviluppare nuove tecnologie (protocolli per trasformare RNA in informazione) per l’analisi del genoma e applicarle ad una piccola parte (l’1% del totale) del DNA. Si può considerare tale programma come una sorta di prova generale. Resa possibile dalla ricerca di tanti. Ad esempio RIKEN. Che non a caso continuerà a collaborare con ENCODE sia per ciò che riguarda la pianificazione degli esperimenti che per lo sviluppo di tecnologie ad hoc.
Riecco le parole chiave.
Competizione. RIKEN che dal 2001 sviluppa indipendentemente tecnologie per capire dove sono gli mRNA (gli RNA che producono proteine) ed i loro promotori (le sequenze che fanno svolgere al genoma la sua funzione principale: produrre RNA, ogni tipo di RNA, che ha non solo la funzione di trasportare e tradurre informazioni ma anche quella di coordinare il complesso lavoro teso a rendere integrate ed efficienti le migliaia e migliaia di componenti attive della cellula, di contribuire a regolare l’espressione del DNA).
Collaborazione. Le tecnologie complementari di RIKEN ed ENCODE. L’utilizzo da parte di ENCODE della tecnologia ideata da Carninci per identificare senza alcun dubbio l’inizio della trascrizione dei geni, le sequenze che promuovono la trascrizione, chiamate “promotori”.
Capire i promotori – spiega lo scienziato italiano – è essenziale per capire come e quando il genoma agisce. In pratica il promotore è un interruttore che dice “accendi”, “spegni” e, se “acceso”, quanto bisogna produrre.
I diversi tessuti esprimono RNA differenti e quindi proteine differenti. Ad esempio, il muscolo esprime proteine necessarie alla contrazione muscolare, il cervello esprime proteine importanti per l’attività neuronale.
Diversi promotori controllano l’espressione di diversi RNA (e quindi proteine) in diversi tessuti e in questo contesto i RNA che non codificano retroagiscono con il DNA, modificano l’espressione di mRNA dal DNA e quindi modificano il livello di proteine prodotte dall’RNA.
Sembra facile, come ricordava un simpatico omino coi baffi ai tempi di Carosello. Ma non lo è. Perché in tanti avevano definito tutto questo “junk”, spazzatura. E perché la strada del progresso scientifico è da sempre costellata di abbagli, errori, torti, orrori.
Tornando alle scoperte multiple indipendenti di RIKEN ed ENCODE, Carninci spiega perché a livello scientifico è importante che più gruppi che utilizzano tecnologie diverse arrivino alle stesse conclusioni. Grazie agli sforzi di molti gruppi si è capito – continua – che la parte del genoma che produce RNA è almeno il 75%, forse il 93% (a Fantom 3 abbiamo stimato almeno il 63%). La maggior parte di questi RNA non codifica per alcuna proteina. Molti degli RNA prodotti, e molte delle sequenze regolatrici, sono soggette ad evoluzione più rapida di quanti ci si aspetta per delle regioni del genoma che hanno funzione.
Quest’ultimo punto è particolarmente importante, determina un cambiamento di paradigma – aggiunge ancora Carninci. Fino ad ora si riteneva che le sequenze di DNA più essenziali e vitali fossero quelle più lungamente conservate durante l’evoluzione. La regola era: sequenze conservate uguale sequenze funzionali; sequenze non conservate uguale sequenze non funzionali o non importanti. Era una regola troppo grossolana. Confrontando il genoma umano con quello di altri mammiferi ci si è accorti infatti che molte regioni funzionali non sono conservate, che ci sono delle regioni che hanno una evoluzione molto più rapida del resto del genoma. Ciò non solo cambia in maniera significativa l’approccio nella ricerca di elementi funzionali nel genoma, ma è assai affascinante dal punto di vista della comprensione dei processi evolutivi.
Grazie alla pubblicazione del lavoro del NIH abbiamo, per questo 1% del genoma, una mappa molto dettagliata dei geni e delle sequenze che ne regolano l’espressione da cui si potrà partire per “attaccare” il restante 99%. Inoltre abbiamo appreso parecchie regole che è probabile valgano per tutto il genoma. Per tornare all’esempio del libro di 3000 pagine, anche solo il contenuto di 30 di esse può aiutarci a capire il tipo di linguaggio usato, lo stile, il vocabolario, la grammatica, il grado di novità, quanto si impiegherà a leggere tutto il libro, come studiarlo, a chi farlo leggere.
La morale della storia?
ENCODE, RIKEN ed altri consorzi continueranno ad analizzare le sequenze per il restante 99% del genoma umano con le tecnologie sviluppate in questa occasione. Nuove tecnologie verranno sviluppate a partire da quelle usate oggi. L’1% sono solo il punto di partenza – ribadisce Carninci -. Ci sarà un ENCODE per organismi modelli con il genoma molto più piccolo come ad esempio il moscerino della frutta (drosophila melanogaster). Ci saranno molte e rilevanti conseguenze concrete per tutti noi.
Comprendere il funzionamento di base del genoma (la logica mediante cui i geni vengono transcritti), imparare il linguaggio, vuol dire ad esempio imparare come modificare questo linguaggio mediante farmaci e terapie mirate.
Il fatto di trovare che ci sono tanti RNA che non producono proteine suggerisce che questi RNA regolino il comportamento ed il prodotto (output) del genoma; usando questi RNA, si potrà in futuro controllare il comportamento deviante del genoma come, ad esempio, le malattie.
Infine c’è il fascino della conoscenza, la possibilità di porsi mete sempre più straordinarie, come quelle che si riferiscono al cervello umano (Carninci ci rivela che ci sta lavorando; aggiunge che è troppo presto per parlarne; promette che saremo tra i primi ad essere informati dei suoi risultati).
La nostra storia per ora si ferma qui. Speriamo che vi sia piaciuta. Che vi abbia suggerito qualcosa circa le ragioni per le quali assieme agli scienziati e alle loro idee sono importanti i processi organizzativi che essi attivano e hanno alle spalle. Circa le caratteristiche dei processi di competizione – collaborazione in atto. Circa le ragioni per le quali “leggere” il DNA è molto importante per il nostro futuro. E per quello delle generazioni che verranno.