B come Benni. No, come Bugia
Sono trascorsi undici anni, sembra tre vite fa, da quando assieme al mio amico Mimmo abbiamo chiacchierato con Stefano Benni di pescatori, bugie, immaginazione. Quelli che potete leggere di seguito sono alcuni passi scelti. L’edizione integrale la trovate qui.
“I pescatori sono dei bugiardi architettonici, hanno tutta una struttura della bugia. Ho coniato apposta per loro questa famosa legge del coefficiente di retrodilatazione del pesce narrato: quando un racconto comincia il pesce è due metri, ogni minuto che passa il pesce si restringe di qualche centimetro e alla fine si ottiene un pesce di un metro. A questo punto si divide per due e quella è la reale lunghezza del pesce. È una metafora dell’immaginazione.
“Nell’immaginazione ci sono due mostri. Uno è l’Aleph. Ognuno partecipa all’immaginazione di tutti, legge libri che altri hanno scritto, ed è bellissimo poter partecipare a dei sogni che appartengono a tutti. Poi c’è l’unicità, che non è separatezza e che vuole dire che se io ti chiedo qual è il tuo Pinocchio, qual è la tua Alice nel Paese delle meraviglie, qual è il tuo Don Chisciotte, so che questo è diverso dal mio e che in quanto tale va rispettato.
“Non dobbiamo avere tutti, come fa credere la televisione, le stesse tre o quattro figure in testa. L’unicità della propria immaginazione è assolutamente un diritto dovere perché è qualcosa che ha che fare con la personalità, la capacità di scegliere, con l’autonomia come scelta culturale. E questo non coincide, tranne che in casi rari di snobismo, con una separatezza dagli altri. L’immaginazione o è nutrita dall’Aleph di tutti gli altri o si immiserisce.
“Sulla bugia mi piace ricordare un’altra cosa: gli unici che sembra non debbano dire bugie sono i bambini, e ciò la dice lunga sul fatto che la bugia è un fatto di autorità. I bambini non possono dire bugie, devono dire la verità! Poi, quando sei grande, Previti, Clinton [anno 1998, ndr …] più che bugiardo sei [considerato] furbo, astuto. Quando la bugia è “produttiva” in qualche modo è accettata: quello che ci spaventa nella bugia del bambino è l’idea che non ci dica la verità, che non riconosca la nostra autorità”.