Eustazio, Ulisse e il polipo
Donatella Puliga e Claudia Piazzini (La memoria e la parola, Le Monnier) scrivono che “un antico commentatore dell’Odissea, il monaco bizantino Eustazio, paragonava Odisseo a un polipo, che per i Greci è l’animale astuto per eccellenza: possiede infatti la capacità di mimetizzarsi, assumendo il colore dell’ambiente che lo circonda e degli oggetti a cui si attacca; secerne inchiostro, con cui si nasconde al nemico; organizza trappole efficaci per catturare i pesci di cui si ciba, servendosi dei suoi lunghi tentacoli. I Greci chiamavano il polpo polyplokos, “dalle molte pieghe”, in riferimento ai numerosi tentacoli che lo dotano di infinita mobilità; una definizione assai vicina a quella di polytropos, “dai molti giri”.
Il paragone tra Odisseo e il polipo, suggerito da Eustazio, ci fa capire cos’era per i Greci la metis, l’astuzia: un’intelligenza pratica, l’accorta prudenza che consiste nel sapersi adattare a ogni situazione attraverso la mutevolezza”.