Lettera a una professoressa
1. Come ho scritto nella pagina dei ringraziamenti, che nelle mie intenzioni, nei miei libri, è sempre una pagina importante, Irene Gonzalez è connessa in molti modi a Bella Napoli. Ci ha lavorato, nel senso che ha trascritto tutte le interviste. Lo ha aiutato a crescere, nel senso che mi ha dato una mano a capire cosa volevo fare e come lo dovevo fare, a organizzare le storie, a non tradirne la complessità e le differenze. Lo ha incoraggiato, con quei suoi commenti live, via mail, via social network della serie «è troppo forte questa ragazza», «voglio diventare come questa maestra», «mamma mia che vita questo ingegnere». Ecco, ieri sera le connessioni tra Irene e Bella Napoli si sono ulteriormente ampliate, espanse, quello che mi frullava nella testa da un po’ di giorni si è come messo al suo posto e così mi sono deciso a scrivere questo post, che vi assicuro non è stato facile farlo e poi vi spiego perché.
2. Francesco, Caterina, Santina, Stefania, Concetta, Mariagiovanna invece non ci sono nella pagina dei ringraziamenti eppure anche loro c’entrano con questo post.
Francesco è Francesco Alì, dirigente della Cgil calabrese, giovedì 20 ottobre sarò assieme a lui e a Gherardo Colombo a Reggio Calabria, in un liceo, per l’avvio di un progetto sull’educazione alla legalità, una gran bella iniziativa, certo che vi tengo informati; ieri mattina Francesco mi ha detto che a seguire ci sarà una discussione sul libro di Gherardo Colombo, mi è sembrata una gran bella idea, la testa è tornata lì, dove la sera poi mi ha portato Irene.
3. Caterina (Vesta), Concetta (Tigano), Mariagiovanna (Ferrante), Santina (Verta), Stefania (Bertelli) per molte/i di voi sono nomi e volti noti, nella vita analogica così come in quella digitale (perché sì, ha ragione Adriano Parracciani, reale e virtuale ormai portano fuori strada), se stanno qui come rappresentanti di tante/i altre/i nomi e volti che tutti non posso citarli perché altrimenti viene fuori l’enciclopedia è perché sono legate in molti modi a quello che da un po’ di tempo mi frulla nella testa, perché sono legate alla scuola, ai ragazzi, al mondo dell’educazione, un mondo che nella mia piccola vita ha avuto sempre un posto grande.
4. Diciamo che è stata Caterina a dare l’accelerata. Mi chiama a metà luglio, mi chiede 40 copie di Bella Napoli e se le posso fare avere 1 euro di sconto a copia, è per le mie ragazze – mi fa – è una cosa simbolica, un’attenzione importante. Le dico entusiasta che quell’euro, come le pizze di Peppeniello, passano a due, 8 euro a copia invece di 10, ci metto anche io 80 euro ma per una soddisfazione così ne vale la pena. Vado alla Feltrinelli, le compro, quando alla cassa mi chiedono la Carta Più faccio mente locale che con i punti metà del mio investimento è recuperato, sono una persona normale con normali problemi economici che sono diventati un po’ meno normali da quando è separata e perciò sono contento, i libri partiranno il giorno dopo via corriere.
Il 24 settembre è il gran giorno, alle 10 Cinzia, Alessio and me siamo a scuola, scopro che a ogni studentessa che ha letto il libro è stato chiesto di scrivere un commento della storia che più l’ha colpita, un commento generale al libro e soprattutto il racconto di una storia di lavoro, in famiglia, tra gli amici o i conoscenti di cui sono orgogliose.
5. Il risultato di tutto questo lo conoscerete tra poco non appena la mitica Cirlene, l’unica delle Gonzalez Sister che ancora per qualche settimana è a Napoli, avrà finito di trascrivere in formato digitale tutto il malloppo fotocopiato, ma confesso che dal 24 settembre ogni tanto penso “adesso dico a Santina di aiutarmi ad organizzare la stessa cosa a Varese”, e poi mi dico “lascia perdere che già l’hai impegnata per la Bottega Ahref e per le iniziative sulla legalità”, e poi penso “adesso lo dico a Stefania” e poi mi dico “lascia perdere che ha appena organizzato quella bella presentazione del libro e non è che puoi stare a crearle problemi a così breve distanza”, e poi penso “adesso lo dico a Concetta” e poi mi dico “lascia perdere che la presentazione del libro e la Bottega Ahref già bastano e avanzano”, e poi penso “adesso lo dico a Mariagiovanna” e poi mi dico “lascia perdere che lei già la vita la deve prendere a morsi per riconquistare ogni anno il suo posto di lavoro”, e potrei continuare ancora ma credo basti così che adesso è venuto il momento di dire perché per me tutto questo è difficile.
6. Lo vogliamo chiamare conflitto di interessi?, ma sì, chiamiamolo così, in fondo di questo si tratta. Chiedere a delle/dei prof., amiche e amici oppure no, perché la mia proposta è aperta a tutte/i, di valutare la possibilità di avviare un percorso tipo quello realizzato da Caterina a partire da Bella Napoli non è proprio il massimo dell’imparzialità. Detto questo credo però di poter aggiungere almeno due cose a mio favore: uno, questo non è il primo libro che scrivo mentre è la prima volta che mi viene un’idea così e per favore non dite che Bella Napoli per me è più importante di Rione Sanità, di Enakapata o di Uno, doje, tre e quattro perché mi arrabbio; due, con i diritti di autore per coprire le spese che affronto per spostarmi a Varese piuttosto che a Venezia o in qualunque altro posto dovrebbero essere vendute ogni volta 200 copie del volume per non rimetterci dal punto di vista economico. Quello che voglio dire insomma è che a muovermi non sono né i soldi né la fissazione, piuttosto è l’argomento, e francamente credo che questo sia sufficiente a spostare l’ago della bussola.
7. Certo che Napoli c’entra con Bella Napoli, ma il tema centrale del libro è il lavoro, la passione delle persone per ciò che fanno, la loro vocazione a farlo bene a prescindere. Chi ha letto il libro lo sa che il lavoro è il filo conduttore delle mie molte vite, quella da figlio, da dirigente della Cgil, da prof. di sociologia dell’organizzazione, da presidente di Smile, da responsabile di società, culture e innovazione alla Fondazione Di Vittorio, da blogger, da scrittore. E con Bella Napoli quel filo conduttore, la cultura che esso ha alle spalle, non è più soltanto quella “cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo”, come diceva Josephine Baker, è anche una possibilità per i i ragazzi, per i più giovani, per l’Italia, e questo dà senso alla mia vita.
Quando ho parlato alle ragazze di Marcianise dello spot nel quale Kate Moss dice “perché io valgo” e poi ho aggiunto “vi auguro con tutto il cuore che voi possiate dire invece: lavoro, perché io valgo” nell’applauso che si è propagato nella sala non c’era nulla di scontato; ecco, è questo ciò che cerco, non l’applauso, che comunque fa sempre piacere, la consapevole emozione che lo genera, la riflessione che lo segue, e in questa ricerca parto da ciò che più amo e conosco, il lavoro e Napoli, per intraprendere il mio viaggio in giro per l’Italia. Un viaggio che farò con Alessio sulle vie del lavoro, ma di questo vi parlerò tra qualche giorno, un viaggio che vorrei fare con voi nelle scuole, se qualcuna/o di voi ne avrà la voglia e la possibilità, ne condividerà il senso.
Questo è tutto, tanto, troppo. Come dice il mio amico Daniele Riva, resto in ascolto.