I.C. 83 Porchiano Bordiga. Un tuffo nel passato
Caro Diario, il nostro treno carico carico di lavorobenfatto, di tecnologie e di consapevolezza si è fermato all’Istituto Comprensivo Bordiga – Porchiano di Ponticelli. A te non posso nascondere che sono felice assai. Con la preside Colomba Punzo, che poi fino all’anno scorso è stata maestra, ho una rapporto di lavoro e di amicizia che dura da oltre 30 anni e se tu potessi leggere quello che ha scritto ne Il coltello e la rete ti renderesti conto subito di come funziona e di come lavora. Ad ogni modo, nonostante le mille cose che si è trovata ad affrontare in questo suo primo anno da dirigente in una scuola e in quartiere di frontiera – ma perché a quelli come noi capita sempre così? – ha voluto esserci comunque, e così qualche mese mi ha messo in contatto con il professor Vito Russoniello con il quale abbiamo avviato un percorso di sperimentazione in una seconda media, la sezione C, in attesa di partire poi all’inizio del prossimo anno in maniera più strutturata.
Quello che abbiamo fatto lo puoi immaginare da te: ci siamo incontrati, abbiamo parlato di metodologia, di obiettivi, di possibili risultati e abbiamo stabilito un breve percorso pilota che preparasse noi e i ragazzi al prossimo anno. Vito ne cominciato a parlare con le/i ragazzi e così come ci eravamo detti li ha prima introdotti al concetto – significato di tecnologia, poi ha chiesto loro di fare un elenco di tutte le tecnologie di loro conscenza, poi ancora di dare una loro risposta alla domanda «che cosa sono le tecnologie?» e poi infine di intervistare i loro genitori su questi stessi temi, con una particolare attenzione all’impatto delle tecnologie sui modi di essere e di fare dei loro ragazzi. A proposito, infine è solo un modo di dire perché contemporaneamente il mitico prof. Russoniello – prendendo spunto dal lavoro portato avanti dalla prof. Antonella Tomo, dai suoi colleghi e dai ragazzi dell’Istituto Comprensivo Pablo Neruda di Roma, e complice un imput della preside Colomba – ha ideato un questionario con 12 domande alle quali hanno risposto 100 ragazze/i.
Le domande sono le seguenti: 1. Possiedi un cellulare?; 2. Che uso ne fai?; 3. Possiedi a casa una connessione internet? Se sì come la usi?; 4. Sul cellulare hai internet? Se sì come lo usi? I tuoi genitori lo sanno?; 5. Sei iscritto su un social Network? Se sì, quale? I tuoi genitori sanno che hai un profilo social?; 6. Ritieni importante possedere un cellulare? Se sì, perché?; 7. Lo hai acquistato di persona o è stato un regalo? Se sì, da parte di chi? A che età?; 8. Ritieni di poter “sopravvivere” senza cellulare? E perché?; 9. Il cellulare secondo te è dannoso quando navighi su internet? Se sì, perché?; 10. Il cellulare lo spegni di notte?; 11. Il cellulare lo spegni durante i compiti scolastici?; 12. Secondo te a che età bisogna iniziare ad usare il cellulare? E perché?.
Le risposte sono state elaborate dal prof. che ha sintetizzato così i principali risultati emersi:
«Dati generali: Il 100% degli studenti possiede un cellulare; Il 46% lo usa per telefonare; Il 33% lo usa anche per giocare; Il 71% lo usa per restare in contatto con gli amici e parenti con sms e chat; L’ 84% lo usa per fare foto e video, ascoltare musica o cercare informazioni in rete. L’82% delle famiglie possiede una connessione wifi a casa.
Internet sul cellulare: Il 92 % degli studenti naviga in Internet e usufruisce dei servizi on line, con i genitori consapevoli che essi lo fanno.
Social Network: Il 76% degli studenti ha già un profilo Facebook e/o usa Instagram; Il 51 % dei genitori sa che il proprio figlio ha un profilo sui social, ma solo il 6% di essifa controlli specifici. Il 91% dei genitori ha almeno un profilo sui social.
Importanza del cellulare nella vita quotidiana: Per il 84% il cellulare è stato un regalo e il 16% lo ha acquistato da solo; nel 78% dei casi ciò è avvenuto tra i 10 e i 13 anni mentre per il 21% è avvenuto tra i 7 e 9 anni. Il 37% degli studenti dichiara di non pensare di poter vivere senza cellulare.
Comportamenti rischiosi o dannosi: L’uso del cellulare è considerato dannoso dal 59% degli studenti: Il 45% di loro per la frequentazione di siti non adatti o pericolosi o conoscenze con persone pericolose; Il 22% per la propria salute. Ciò nonostante, viene spento durante la notte solo dal 42% dei ragazzi e solo il 44% lo spegne durante lo svolgimento dei compiti scolastici. Il 26% degli studenti si dichiara infine favorevole a proibire l’uso del cellulare ai minori di 14 anni.»
Stamattina sono tornato a scuola e sono contento assai perché insieme a Vito ho parlato con i ragazzi delle cose che avevano fatto, del contesto nel quale sono inserite, delle cose che vorremmo continuare a fare assieme a loro.
Naturalmente avendo dovuto parlare molto io – però non sempre io, perché comunque mi sono fatto raccontare un po’ di cose da loro, che come sai non è mica facile – ti faccio qui solo una super sintesi delle tre cose che ho detto: 1. quando fai una cosa, qualunque cosa fai, quella cosa ha senso solo se la fai bene; 2. le tecnologie, tutte le tecnologie, non sono nè buone e nè cattive, possono essere usate in maniera giusta o sbagliata ed è questo che fa la differenza; 3. per usare bene le tecnologie, tutte le tecnologie, bisogna farlo in maniera consapevole, non bisogna accontentarsi di sapere «come» fare le cose ma chiedersi anche il «perché» farle.
Come dici? Sono stato in classe quasi due ore per dire solo queste tre cose? Si, perché ho fatto mille esempi – il martello, la leva, la bomba atomica, l’ago, il telofono, skype, il pane, Maradona, Michael Jordan, la pasta e patate, i lacci delle scarpe e tanto altro ancora – perché ci vogliono mille esempi se vuoi dire ai ragazzi che non solo si può imparare a fare bene le cose e a utilizzare in maniera consapevole le tecnologie, ma ci si può abituare a farle così, proprio come ci siamo abituati ad allacciare le scarpe o ad abbottonare la camicia nel modo giusto.
Adesso non mi chiedere dei risultati perché io non sono Batman e il prof. Russoniello non è Superman, per i risultati ci vuole tempo, però un’impressione te la posso dire, che poi magari te la confermo tra una settimana quando ci ritorno, e insomma la mia impressione è che le/i ragazze/i si sono incuriositi, ma sì, almeno un po’ gli siamo piaciuti. Perché poi io come sai sono anche fortunato, e così tra tutte le possibilità che c’erano ho scelto di commentare proprio la frase della mamma di Francesca, che ha scritto: «da quando c’è la tecnologia non si dialoga più».
Come dici? Ho spiegato che non è vero? Niente affatto. Ho fatto l’esempio di un ragazzo e di una ragazza seduti su un muretto che aspettavano l’autobus e ognuno di loro scriveva con il suo smartphone. Ho aggiunto che ho detto al ragazzo «Antonio, ma c’è questa bella ragazza seduta accanto a te e tu ti metti a chattare?» e che lui mi ha risposto «prof., ma io sto chattando con lei». E poi ho fatto l’esempio di quando sono andato a Tokyo la prima volta, nel 1989, e parlavo con la famiglia a casa un paio di minuti, solo via voce, pagando. E di quando ci sono tornato nel 2007 e parlavo mezzora, in video, via Skype, senza spendere un centesimo.
Vuoi sapere come è andata a finire, mio caro Diario? Che quando ho detto a Francesca che deve dire alla mamma che la prossima volta che vuole esprimere quel pensiero lì, proprio quello che ha espresso – che poi possiamo discutere se ci piace o meno ma questo è un altro discorso – non deve scrivere «da quando c’è la tecnologia non si dialoga più», ma deve scrivere «da quando usiamo in questo modo le tecnologie digitali non si dialoga più». Si, questo non ho paura di dirlo, hanno capito tutte/i, anche perché prima quando avevo chiesto che alzasse la mano chi pensava che se con un coltello faccio male a una persona la colpa è del coltello la mano non l’ha alzata nessuno, perché si, era evidente a tutte/i che la colpa era mia che l’avevo usato in quella maniera orribile.
Ecco, potrei anche fermarmi qui, però mentre tornavamo a casa in auto il prof. Russoniello mi ha raccontato una cosa che mi ha fatto così tanto piacere che la voglio raccontare anche a te. Mi ha detto che ieri ha fatto l’esame per l’immissione in ruolo – e noi naturalmente speriamo che se la cava – e che una delle domande a risposta libera chiedeva di simulare un’azione formativa che coinvolgesse i ragazzi e in qualche modo facesse da contrasto all’abbandono scolastico. «Sai Vincenzo cosa ho proposto? – mi ha detto -.» «No!» «Un progetto intitolato Per un uso civico delle tecnologie. Ho spiegato le varie fasi, prendendo spunto dal lavoro che abbiamo fatto in classe, ho motivato le ragioni del coinvolgimento dei ragazzi, ho scritto che questo approccio consapevole alle tecnologie, questa cultura del lavoro ben fatto li avrebbe sicuramente aiutati a dare più senso anche allo studio e alla nostra comunità scolastica. Che dici Vincenzo, ti sembra una buona proposta?». «Buona? A me sembra bellissima. Facciamo così, appena puoi fermati al bar che ti voglio offrire un caffè e una sfogliatella.»