Mettere ‘a varca ‘a currente
Sì, con Beppe D.V. funziona più o meno così: la grande casa che accoglie le nostre sere; il pranzo della domenica, compreso il dolce o il gelato a seconda della voglia, e delle stagioni e poi naturalmente chiacchiere e caffé, che quelle proprio non possono mancare; la mia telefonata “sotto sotto” che magari “last minute” fa più chic ma io non faccio sconti e perciò va bene così, per chiedergli se va a pranzo al solito posto che magari lo raggiungo, perché magari c’è lo sciopero dei lavoratori dei trasporti e di andare a Roma non se ne parla.
Diciamo che ieri è andata proprio così: mi sono fatto la mia bella salita a piedi, la funicolare centrale era “out” come tutto il resto, ho raggiunto Beppe alla sua bottega e l’ho trovato come se fosse già pronto che la sua weltanschauung semplicemente non prevede che sia proprio pronto quando tu arrivi.
Spaghetti con i lupini per lui, spaghetti con i polpi per me, acqua minerale liscia a temperatura ambiente che quella fredda che ti brucia la lingua non fa per noi, chiacchiere con i vicini di tavolo.
Adesso non mi chiedete come siamo finiti a parlare delle alici fritte che ho mangiato qualche giorno fa con Cinzia ad Arco Felice perché non me lo ricordo. Vi dico piuttosto del suo mare d’azzurro e d’argento, sì, proprio quello che ti può capitare di ammirare se sei bravo e fortunato e ti ritrovi immerso in un mare di alici azzurre, saltellanti, d’argento, e ti batte forte il cuore di fronte a tanta bellezza.
“Vicié, accade soltanto in certe giornate, con una certa corrente, ti devi trovare nel posto giusto nella maniera giusta nel senso che devi stare in pace con ciò che ti circonda, devi aver gettato il ferro, ma sì, l’ancora, in maniera tale da mettere ‘a varca ‘a currente, insomma non è facile ma quando accade è uno spettacolo”.
Adesso non mi chiedete com’è possibile che di fronte a un racconto così bello, che dico, assai più bello che come lo racconto io non è mica la stessa cosa, invece di chiudere gli occhi e viaggiare su un tappeto di alici volanti io abbia chiesto a Beppe “che significa mettere ‘a varca ‘a currente?”. Sì, non me lo chiedete che mi fate sentire male. Ma no, la questione non è la mancanza di animo poetico, diciamo che la voglia di sognare che ho preso dal papà operaio convive con la necessità di rimanere attaccato alla terra, sì, insomma alle cose concrete, che ho preso dalla mamma contadina, e poi aggiungiamo che nella realtà accade come nella poesia di Pablo Neruda, Siam molti, e così finisce che quando cerco in me il poeta trovo il contadino e viceversa. Uffa, insomma è andata così, voi lo volete sapere o no cosa vuol dire ”mettere ‘a varca ‘a currente”?, e allora zitti, e lasciatemi continuare.
“Vicié, quando con la barca ti fermi in un posto non devi gettare subito l’ancora, devi aspettare qualche minuto, sì, insomma, il tempo necessario alla barca per posizionarsi in direzione della corrente”.
E perché?
“Perché a far muovere la barca non è il movimento che vedi in superficie, ma quello che avviene in profondità, e se tu butti l’ancora e la barca poi cambia direzione quella può disincagliarsi, si può allontanare dal posto che hai scelto, puoi ritrovarti ad esempio su un fondale diverso da quello che avevi scelto per pescare un certo tipo di pesce e se stai lì per pescare quel pesce la cosa può essere un problema. Viciè, sono pochi minuti, tu aspetti che si mette nella posizione sua, getti l’ancora, e quella la barca non si muove, la corrente la tira sempre dalla stessa parte. Mò ‘e capito?”
Si. E ho capito anche tante altre cose.
Mettere ‘a varca ‘a currente mi piace. E mi piace anche il movimento provocato da ciò che accade in profondità e non da quello che si vede in superficie.
Eh no, non ci provate, perché mi piace non ve lo dico, in primis perché non è poi così difficile da capire, “in secondis” perché un’altra volta imparate a prendermi in giro per il mio attaccamento alle cose concrete, “in terzis” perché se dico tutto io voi nei vostri commenti cosa scrivete?
Buona partecipazione.