Bella Napoli
No, no, non vi allarmate, non ho deciso di aprire una pizzeria. Innanzitutto perché nell’elenco, infinito quasi come la poesia di Leopardi, di cose che non so fare, c’è anche la pizza e io non mi metto certo a fare il pizzaiuolo se non posso fare la margherita e la marinara più buona di Napoli e dunque del mondo (perché solo la margherita e la marinara? e perché le altre sono pizze? e allora era una pizza anche quella con l’ananas che ho mangiato a Sydney dal mio amico Lucio da Montoro Inferiore, ma fatemi il piacere, è meglio che mi sto zitto perché altrimenti facciamo la fine della discussione sul viaggio). E poi perché se apro la pizzeria non la chiamo certo Bella Napoli, che ce ne sono già 250 mila, ma Pizzeria Enakapata, che fa molto più chic.
La bella Napoli a cui mi riferisco è quella che sta venendo fuori dalle chiacchierate che sto facendo per il mio prossimo libro.
Finora ho intervistato un ingegnere, un restauratore, un ferroviere, e un addetto alla vendita di musica, film e videogiochi, tutti rigorosamente napoletani, e sapete le due parole chiave che accomunano tutte queste belle persone?
Amore e Responsabilità.
L’amore per il proprio lavoro.
La responsabilità di fare bene il proprio lavoro.
Sì, sta venendo fuori proprio una bella Napoli. Una Napoli che non mi fa rimpiangere Tokyo, che anzi ha un qualcosa di più che la rende unica.
Dite che Napoli non è tutta così? E proprio a me lo venite a dire? Oggi è la seconda volta che lo dico: io racconto storie, non faccio rivoluzioni. Però le storie si prendono cura di noi e dunque io spero che continui così. Se va male, scrivo un bel libro, se va bene, beh, se va bene, mannaggia quante feste che dovremo fare. Non ci credete al lieto fine? Neanch’io. Però non si può mai sapere. Come dicevano gli antichi, quello che non succede in mille anni succede in un giorno. In ogni caso prometto che vi tengo informati. E’ il minimo che posso fare per voi.