Il salotto di casa Bonadies
Che la serata sia di quelle giuste te ne accorgi da tanti particolari. Niente traffico sull’autostrada nonostante il venerdì sera, la strada proprio quella giusta imboccata al primo colpo, il posto per parcheggiare la Toyota Aygo a trenta metri da casa Bonadies, la ragazzina che sta rientrando assieme al suo papà e ti dice scala a destra secondo piano, che il padrone di casa te l’ha ripetuto già tre volte e tu tre volte te ne sei dimenticato.
Più vado avanti negli anni e più mi convinco che funziona come dice Weick, nel senso che nei nostri mai finiti tentativi di dare senso a ciò che ci accade istituiamo ambienti più o meno sensati a seconda dell’approccio e della consapevolezza con cui lo viviamo, affrontiamo, condividiamo. Sì, perché Cinzia e io stasera siamo contenti. Molto contenti. Piacevolmente eccitati da questa idea di conversare intorno al lavoro ben fatto, alla bellezza, all’ingegno e all’impegno, a Testa, mani e cuore in questo salotto culturale autodafé, sperando che Canetti perdoni l’innocente oltraggio.
Vincenzo l’avevo conosciuto in una delle mie vite precedenti, anche allora galeotti furono il lavoro, la ricerca, il futuro, e però declinati in maniere e contesti diversi. Questa è invece la prima volta a casa sua, per arrivarci sono passato per Narni, per Antonio, per una presentazione umbra del mio libro che forse si farà e forse no ma che intanto mi ha regalato una serata indimenticabile.
Perché sì, questa volta lo dico senza chiedergli il permesso, non c’entra niente che lui, Borges, sia il mio scrittore preferito, è che la vita è proprio un giardino dai sentieri che si biforcano: Antonio che mi dice che un suo amico di Portici da 7 anni ha messo su a casa sua un salotto culturale e vorrebbe presentare Testa, mani e cuore; l’amico che mi chiama e scopro che si tratta di Vincenzo; Vincenzo che mi racconta di sua figlia Ileana presidente dell’Associazione Blab; Ileana con cui entro in contatto e scopro che è socia di Caracò editore, redattrice di Quarta Parete; l’arrivo a casa Bonadies e la “scoperta” di Irene, sorella di Ileana, ingegnere dei materiali, che il giorno prima è stata premiata a Hub Spa di Giuliano per una sua idea progetto innovativa; la signora Bonadies, la padrona di casa, un lavoro da insegnante un sorriso dolce e gli occhi contenti.
E che dire degli amici che hanno partecipato alla conversazione? Vorrei davvero citarli tutti, e lo farei di certo se solo la memoria non mi avesse da troppo tempo tradito.
Facciamo così, ne cito una per tutti, Antonella, perché con lei ci siamo ritrovati anche sui social network, perché è lei che ha creato il link tra Antonio e Ileana e Vincenzo, ma soprattutto perché assieme a lei l’altra sera, a Portici, è arrivato Antonio, che ha fatto 300 chilometri per essere lì, che lui mi aveva già regalato una bellissima recensione del mio libro ma con la sua presenza mi ha fatto un regalo che se anche vivessi mille anni non me ne dimenticherò.
Sì, anche perché poi Ileana ha avuto l’idea di coinvolgere anche Antonio nella conversazione, ed è stato bellissimo, non solo per le cose che hanno detto, ma per come le amiche e gli amici presenti hanno partecipato, e hanno avuto voglia di interagire, anche dopo, mentre gustavamo le buone cose che erano state preparate per l’occasione.
Naturalmente mi guardo bene dal mettermi qui a fare l’elenco di quello che ci siamo detti, ricordo solo le tre parole che secondo me sono state il filo conduttore della serata:
la prima è lavoro, che anche quando non lo sappiamo è la colonna sonora della nostra vita, contribuisce a darci identità e senso;
la seconda è amicizia, intesa come voglia e capacità di prendersi cura degli altri, di mettersi nei panni degli altri, di guardare se stessi nella faccia dell’altro, come direbbe Lèvinas;
la terza è incontro, in pratica la voglia di condividere idee e progetti, di percorrere pezzi di strada assieme, di non perdere di vista il fatto semplice ma mai banale che, come ci ricorda Donne nella sua meravigliosa poesia, “nessun uomo è un’isola”.
Ecco, questo è tutto. Anzi no, perché ho voglia di dire ancora grazie. Di cuore. A tutte/i. E arrivederci alle prossime puntate. Perché sì, questa storia non finisce mica qui.