I cornetti di Carlos Gonzalez
Il sabato la cosa funziona più o meno così.
Luca alla Feltrinelli Express della Stazione Centrale mette mano alle 7.00 a.m, è il turno per lui più doloroso, quello che lo costringe a svegliarsi alle 5.30 a.m. per uscire di casa intorno alle 6.15 a.m.
Io mi alzo alle tra le 5.00 e le 5.30 anche quando come stamattina avrei dormito un pò di più. Il sabato è l’unico giorno della settimana che anche a quell’ora posso usare internet ma soprattutto mi piace scendere assieme a lui fino al corso Vittorio Emanuele, roba di tre minuti scarsi, scambiare quattro chiacchiere, arrivare fino al tempio bar dove ogni mattina consumo il sacro rito chiamato cornetto e caffé, e salutarlo, che poi lui di solito continua a dirmi qualche cosa anche mentre si allontana, cose tipo stasera ci sei?, a che ora torni?, vai da Cinzia o da nonna?, ma a me piacciono comunque un sacco.
Si lo so che anche prima io alle 6 del mattino non è che potevo parlare con nessuno, che almeno ora posso fare casino, spostare sedie, asciugarmi i capelli, tirare lo sciacquone, eppure nella mia attuale, serena, condizione di separato, questa di non avere nessuno con cui parlare la mattina è una delle cose che mi pesa di più. Sì, direi che una cosa è avere una possibilità e non poterla sfruttare, diciamo la verità, anche per ragioni comprensibili, un’altra cosa è non averla affatto, è come se si vede proprio che sei solo, e non mi piace, anche se poi ci sono anche un sacco ma proprio un sacco di vantaggi.
Torniamo al punto. Mentre io e Luca scendevamo le prime scale, con me che aspetto gli ultimi metri per chiedergli se prende qualcosa con me, perchè lo so che mi risponde che ha già fatto colazione e il caffé lo prende più tardi, ma una volta vi giuro che mi ha fatto l’onore di prenderlo il caffé con me, incontriamo mio nipote Carlos, una volta ve ne ho parlato, quello che aveva fatto gli spot per Enakapata, a proposito, me ne devo ricordare per il nuovo gioco, vabbé magari dopo vi linko la pagina.
Carlos a zio – gli faccio -, stiamo andando al bar, missione cornetto e caffé -, vieni con noi (non è che gli parlo con il plurare maiestatis, è che come vi ho detto la speranza c’è l’ho sempre fino a quando non arriviamo nei pressi del bar).
‘O zi – mi risponde -, sto tornando da lavoro (sì, perché Carlos ha messo da tempo la testa a posto, si è diplomato all’istituto alberghiero e d’estate lavora), non ce la faccio a fare neanche un passo, perché non me lo porti tu il cornetto?
– E che problema c’è -.
– Portamene tre -.
– Va bene -.
– Anzi, sono buoni? -.
– Si -.
-Portamene cinque, uno crema e amarena, uno al cioccolato bianco, uno con la nutella e gli altri due a gusto tuo, ma devono essere tutti diversi-.
Ok. Tu però ricordati di aprirmi la porta sulla veranda così io passo di là e non svegliamo mamma e nonna (si, abitiamo in un presepe).
Quando alle 6.40 a.m. gli ho portato i cornetti l’ho trovato steso sul divano che dormiva.
– Carlé, i cornetti -. Si è alzato, mi ha dato un bacio, mi ha detto grazie, me lo sono abbracciato, gli ho detto guarda che più tardi sei su Enakapata (sì, ormai mi sparo le pose come se fosse un blog di successo) e me ne sono ritornato da queste parti.
Lui lo sa che i miei Luca e Riccardo non li cambio con nessuno. Non c’entra nulla che sono bravi e belli, c’entra che sono i mei figli e funziona così per tutti i genitori. Quello che Carlos non sa è che certe volte vorrei tanto che i miei figli bravi e belli mi dicessero pà portami 5 cornetti, che insomma fossero un pò esagerati. Dite che con Riccardo ho ancora qualche speranza? Mmhhh, non lo so, comunque settimana prossima passiamo qualche giorno assieme, nel caso vi faccio sapere.