De Enakapata
di Viviana Graniero
“Storie di città invisibili. Di luoghi ritrovati. Di luoghi da ritrovare. Forse da cercare. Magari con l’aiuto della serendipity”. Voglio partire da qui. Perché è anche la mia idea di viaggio, di percorso, di avventura.
Mi sono incamminata lungo le strade di Tokyo, nei centri di ricerca e persino nei grandi store nipponici. L’ho fatto con Vincenzo e Luca. Mi hanno tenuta per mano e portata con loro. Non è solo per la dovizia di particolari, direi piuttosto che è per l’empatia che hanno saputo creare.
Vincenzo avevo già avuto modo di apprezzarlo, per quello che scrive, per quello che pensa, per l’entusiasmo che mette in ogni cosa che fa. Lui ci crede e finisci per crederci anche tu, non puoi farne a meno, è più contagioso del morbillo. Luca è stato la vera sorpresa: ci sono intere pagine del suo diario che avrei potuto scrivere io, solo non così bene. La sua attenzione per ciò che lo circonda, la capacità di osservare e integrarsi anche con le cose più diverse e lontane, senza mai eccessivi giudizi o paure… questo farà di lui un grande narratore. Ha un punto di vista, ma non lo impone, te lo serve poco a poco, come un piatto prelibato e così ti sembra di non essere mai sazio: potresti continuare a mangiare per ore.
Enakapata non è solo un bel libro, sarebbe riduttivo: è una bella scoperta, una piacevole passeggiata al mare, un tuffo fra i ciliegi in fiore e un salto nel vuoto della modernità. E’ il piacere della sorpresa, di quello che potrebbe accadere.
Non mi dilungherò sul fatto, pur importante, che si legge in un soffio, preferisco sottolinearne la leggerezza, nel senso più bello del termine.
C’è un profondo equilibrio pur nelle più estreme delle diversità: tra Napoli e Tokyo, tra ricerca scientifica e viaggio di piacere, tra paure e sfrontatezze, tra le pagine dei due diari, tra padre e figlio… qualcosa mi dice che la frase più giusta sarebbe “c’è un perfetto punto di incontro tra lo Yin e lo Yang”.