Elogio della cicala
Va bene, facciamo finta che non abbiate mai detto a vostro figlio, o anche solo a un amico più giovane, “non fare come la cicala, sii laborioso e previdente come la formica”. La mia domanda è: ma vi siete mai chiesti che lavoro fa la cicala?. Io no, mi ci ha fatto pensare Gennaro Pasquariello quando mi ha chiamato per parlarmi del festival da lui ideato e giunto quest’anno alla quinta edizione: “L’abbiamo chiamato il Festival della Cicala perché in qualche modo ci siamo voluti ribellare al luogo comune, diventato celebre grazie a Jean de la Fontaine, per il quale chi, come la Cicala, canta o suona, va considerato un perditempo. Ma lo sai Vincenzo quanta fatica c’è nella vita di un musicista?”.
Sì, questo la so. Tanta.
È un attimo, e mi ritorna in mente Il resto è rumore, il bellissimo libro di Alex Ross che racconta il secolo breve attraverso la musica, quando dice di Arnold Schoenberg, dei genitori di condizioni modeste che non potevano permettersi un pianoforte, della sua gavetta come componente di una banda militare che suonava nei caffè di Vienna, dello studio delle forme strumentali attraverso un’enciclopedia, dell’attesa dell’uscita del volume “S” prima di poter comporre una sonata.
E poi, ancora, mi torna in mente il maestro Antonio De Santis; lo incontrai che insegnava teoria e solfeggio al conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli, negli anni 70 aveva fondato con Giuseppe Di Giugno il gruppo di elettroacustica presso il dipartimento di fisica sperimentale dell’Università di Napoli. Era un personaggio incredibile, sembrava uscito da un romanzo di Kerouac, ti stordiva, ti affascinava mentre ti spiegava che “le note sono assi cartesiani”, che “Bach è l’anticipazione del computer”, che “quando avremo un computer con un’interfaccia geniale come il manico di una chitarra o di un violino sarà una rivoluzione”, che “Wagner con il suo teatro totale è l’inventore della multimedialità”, che “come ha scritto Prigogine la musica è l’unico paradigma della scienza moderna”.
È un attimo, e mi accorgo che Pasquariello mi guarda, sembra attenda domande, nel frattempo mi dice che il Festival della Cicala è itinerante, porta la musica, i musicisti e il loro lavoro nelle scuole, che bisogna insistere sulla formazione e sulla professionalità perché l’arte non basta, meno che mai a Napoli, che i ragazzi fanno parte anche delle giurie che valutano i brani presentati al concorso nelle due sezioni, Didattica (brano edito) e Artistica (brano inedito).
Mi chiede se serve altro. Gli rispondo che va bene così. Per questa volta viva la cicala.