‘A Madonna t’accumpagna
Non so se ve l’ho già raccontato, ma credo di no, in ogni caso immaginatevi Secondigliano nella prima metà degli anni 60 con annessa una giornata di pioggia a zeffunne, cosa peraltro facile da immaginare di questi tempi, e poi immaginatevi me e mio fratello Antonio ancora piccoli ma già con i nostri, vogliamo dire nasi pronunciati?, ma sì, diciamo pure nasoni, premuti sul vetro della finestra della cucina a ripetere sei, sette, dieci volte: “Madonna nun fa chiovere, che papà è ghiuto fora, è ghiuto cu’ ‘e scarpe rotte, a Madonna ‘e Piererotta, rotta ruttella, ‘a Madonna cu’ ‘e scarpuncielli, stella stelluccia, ‘a Madonna cu’ ‘o cappelluccio“. Papà da lì a poco sarebbe tornato a piedi da lavoro, avrebbe fischiettato per avvisarci che era l’ora di uscire sul ballatoio e correre ad abbracciarlo, e noi accompagnavamo così il suo ritorno, con la nosta cantilena propiziatoria inframmezzata da poco convinti “Enzo guarda, Antò guarda, chiove cchiù poco“.
La cena era una festa, non per quello che mangiavamo, che da quel punto di vista c’era assai poco da festeggiare, ma per la porta aperta. Per papà che ad ogni passaggio di un vicino, la nostra era la prima casa sul ballatoio e in quegli anni dal lavoro si tornava più o meno tutti alla stessa ora, gridava “don Gennà, don Antò” e così don discorrendo, “favorite“, ricevendo in cambio l’immancabile “buon appettito a voi e alla famiglia, don Pascà“. E anche, perché no, per mamma, la saggia adorabile contadina nostra, guai a chi ce la tocca ancora oggi, che ripeteva una volta si e un’altra pure “zitto Pascà, cà si chille veneno overamente, nun tenimmo niente“.
Eh sì, funzionava così. Porte aperte a Secondigliano. Sì, è vero, poi sarebbe cambiato, ma dove non sarebbe cambiato? Vabbé, ma io non voglio parlare di questo, ma di questo rapporto con la religiosità della gente semplice che a pensarci aveva un che di speciale.
Ne volete un’altra? Quando papà prime di uscire per andare al lavoro diceva “buon giorno“, dopo che ci aveva baciati uno a uno, moglie e figli, tutti quelli in possesso di parola presenti in casa dovevano rispondere “‘A Madonna t’accumpagna“. Altrimenti lui rimaneva fermo sulla porta, immobile, come una statua. E se passava troppo tempo, poiché lui non aveva tempo da perdere, si incazzava nero. E se si incazzava nero, poiché a quei tempi le cose procedevano diciamo così con un certo ordine, erano guai seri.
Vabbè, per oggi basta coi ricordi. Anzi no. Perché come in tutte le storie vere anche in questa non manca il lato oscuro, in realtà giocoso, della forza. Volete sapere qual’era la risposta se “‘A Madonna t’accumpagna” lo usavi tra amici? ” A Madonna t’accumpagna, San Giuseppe te saluta, ogni passo ‘na caruta“. Punto.