Uno, doje, tre e quattro e Mariagiovanna Ferrante
Uno, doje tre e quattro. Cominciamo, o, meglio, continuiamo a parlarne.
Perché ho comprato il libro? In tutta onestà, perché sono amica di Viviana e perché Vincenzo è simpatico assaje.
Ma quando ho iniziato a leggerlo, mi sono resa conto di aver fatto una cosa buona e giusta.
Mi è capitato, in passato, di recensire qualche libro in occasione di presentazioni promosse dalla Pro Loco cittadina. Una recensione comporta un’analisi della struttura testuale, dello stile, dei rapporti con opere dello stesso autore e via dicendo: un lavoro di tecnica, oltre che di interpretazione del messaggio veicolato dal testo, condotto un po’ “da fuori”.
Scrivendo di questo libro, invece, ho la sensazione di “essere dentro”, di inserirmi in una conversazione che è tuttora in corso.
Una bella conversazione iniziata da quattro persone, che hanno spalancato le loro vite a noi lettori, creando un flusso di energia multiforme e policroma e mettendola a nostra disposizione.
Uno, doje tre e quattro non è un romanzo, non è un saggio, non è un trattato. È una “torta” fatta di una serie di tranches de vie in cui non si può evitare, almeno una volta su quattro, di rispecchiarsi.
Daniele, Viviana, Vincenzo, Carmela, “sono” quattro punti di vista che si moltiplicano nei nostri punti di vista, da cui partiranno altri punti di vista. In un caleidoscopio di opinioni, così come accade nella piazza di Enakapata.
Le unità tematiche in cui si struttura il testo potrebbero tranquillamente essere lette “in ordine sparso”: da internet, ai problemi di Napoli, a quelli nazionali, passando per il senso della poesia. Come ogni conversazione che si rispetti, l’argomento di discussione può essere uno qualunque, e da un qualunque pretesto può partire per inanellarne altri. I nostri @mici potrebbero essere letti così, come ci viene, senza seguire necessariamente l’ordine progressivo delle pagine. Ogni volta, si apre una nuova finestra, con un nuovo link, in cui possiamo taggarci(sentendoci coinvolti), o possiamo limitarci a navigare, in un mondo che poi tanto virtuale non è.
E loro ci guidano nella navigazione, ognuno con il suo stile e con il proprio essere protagonista di questa avventura.
“Loro”, gli autori, non ci lasciano indifferenti. Neanche un po’.
Non ho potuto fare a meno di innamorarmi dello spirito di Daniele, poeta anche quando parla di munnezza.
Ho avuto conferma della grande personalità di Vincenzo, commovente nei suoi ritratti di famiglia, ma mai dimentico della sua innata ironia.
Carmela è sanguigna e passionale, e il suo temperamento traspare anche dalle virgole quando si racconta a proposito del mondo virtuale, o quando affronta la tematica legata al modno giovanile.
Viviana…attraverso la scrittura completa il quadro- già abbastanza chiaro- della sua indole giocosa, ma profonda. Ed è grandiosa nella sua abilità in fatto di tautogrammi.
Tutti e quattro vivono la scrittura come una straordinaria esperienza di trasmissione di sé e di crescita e lo sanno comunicare.
Facendo comprendere come sia possibile trasformare una piattaforma virtuale in un’esperienza di vita reale, concreta, in cui non ci si “tagga”, ma ci si tocca, fino ad abbracciarsi.
Così, alla fine della lettura, questi @mici diventano amici, e resta una gran voglia di continuare a parlare con loro.