Future hunter
Vero. Con le messi che ha fra le sue mani, giugno ci porta il suo tesoro, con le sue spighe dona all’uomo il pane e alle femmine l’oro, come cantava Francesco Guccini nella sua splendida Canzone dei 12 mesi. Ma giugno è soprattutto tempo di esami, per i tredicenni interpreti della SMS generation così come per i post diciottenni alle prese con la maturità o con la sessione estiva di esami all’università.
Proprio di studenti universitari ci eravamo occupati un po’ di tempo fa scrivendo della mutazione che li sta trasformando in cacciatori di crediti, nuova specie di maratoneta che non ha tempo per capire, approfondire, sapere. (In)segue corsi. Memorizza concetti, formule, contenuti. Supera esami. Resetta. Ripete l’operazione in funzione dell’esame successivo.
Le parole chiave?
Incertezza. Precarietà. Insicurezza. Con le quali bisogna fare i conti anche quando dal mondo della scuola e dell’università si passa a quello del lavoro.
Dal rapporto 2004 redatto dallo International Labour Organitation (sulla base dei principali indicatori tratti dalle politiche nazionali di 90 paesi, di un’inchiesta che ha coinvolto 48 mila lavoratori di 15 paesi e di una ricerca che ha coinvolto oltre 10 mila imprese di 11 paesi) emerge che proprio gli ultimi 20 anni hanno visto crescere in modo significativo l’instabilità e l’insicurezza di chi lavora, lo stress e la frustrazione associata alla perdita di status.
Secondo l’ILO in molti casi lo stesso tasso di scolarità e formazione si traduce in una diminuzione del tasso di benessere, fino a provocare un effetto di frustrazione legata allo status che prende le persone che svolgono mansioni inferiori al livello delle loro capacità e qualifiche.
L’asimmetria esistente tra il lavoro che concretamente si fa e i bisogni e le aspirazioni dei lavoratori, a partire da quelli più giovani e maggiormente scolarizzati, finisce insomma col produrre un aumento dell’insoddisfazione.
Al tempo della società liquida è davvero inevitabile vivere vite nelle quali instabilità, precarietà e insicurezza sono sempre più predominanti? Dove c’è meno futuro e ci sentiamo più soli?
Forse no. Di certo non sempre è stato così.
Ancora dalla fine della seconda guerra mondiale fino a metà degli anni 70 le nuove generazioni hanno avuto davanti a sé obiettivi di lungo termine (ricostruire, migliorare la propria istruzione, condizione economica, sociale, cambiare la società ecc.) e questo ha permesso loro di avere identità, di riconoscersi con altri in maniera stabile, di individuare interessi, bisogni, ideali, speranze.
Forse si può tornare a condividere con altri racconti che ci aiutino a definire le nostre identità. Forse si può evitare che gli specchi delle nostre vite vadano definitivamente in frantumi. Forse le generazioni più giovani possono tornare ad essere predatrici di futuro. Di certo è ciò che i più giovani pensano, credono, fanno ad essere davvero decisivo.
Abbiamo deciso perciò di dare la parola a voi.