Gaetano, Gaetanoooo, Gae-tano, Gae-tà
[…] Eppure qualcosa non torna. Sono come preso da un attacco di mancata fisicità. Com’era diverso a Secondigliano. Se si stava a scuola, bene. A lavoro, anche. Ma in tutti gli altri casi la parola d’ordine era una sola: stare tutti assieme.
L’appuntamento era al bar di don Peppe «Testolina», di fronte a casa mia, a fianco della merceria gestita dalla signora Carmela, la mamma di Tonino Parola. Se qualcuno mancava? Facile. Si passava a prenderlo a casa.
Due le possibilità. La chiamata via citofono, modello classico. Oppure la chiamata a cappella, modello Lello. Chi è Lello? Lello Sodano, quello che all’inizio di Ricomincio da tre inizia a gridare Gaetano, Gaetanoooo, Gae-tano, Gae-tà, e non smette fino a quando l’amico non scende.
L’aspetto positivo della faccenda è che si riusciva a sopravvivere anche senza i telefonini. Quello negativo è che talvolta si esagerava con lo spirito di gruppo.
Ci ripenso e comincio a ridere da solo. No, non sono impazzito. Almeno non ancora. Si tratta del giorno in cui mi sono fidanzato. Il 6 settembre del 1976. Un lunedì. L’appuntamento con lei è per le 10.30 alla Mostra d’Oltremare, dove da qualche giorno è cominciata la Festa Nazionale dell’Unità. L’anno prima Maurizio Valenzi è stato eletto sindaco di Napoli. Un sindaco comunista, in realtà del Pci, per una città che ha dovuto fare i conti con Lauro, con i Gava, con il colera.
L’atmosfera è decisamente di festa, l’attesa per il comizio conclusivo di Enrico Berlinguer già enorme. Sto per uscire di casa quando mi chiama lui, uno dei pilastri della Secondigliano Band, per dirmi che ha deciso di venire con me.
La cosa mi sorprende non poco. Lui è persona informata dei fatti. E sa che vado alla festa per lei. Glielo ricordo ancora. Risponde offeso che lui non sarà certo un problema. Non ci resta che andare. Alle 10.20 siamo sul posto. Appena qualche minuto e arriva lei. Non so cosa pensate voi del fatto che io non fossi solo. So che mi ci è voluta mezza giornata buona prima di riuscire a prendere per mano lei e a seminare lui. Complice lo stand con i libri di Brežnev e di Kim Il Sung.
Lui non se lo aspettava. Lei invece sì. Non riesco a dire quello che volevo dire come lo volevo dire. Per fortuna l’amore non è solo cieco. È anche sordo. Lei mi dice sì. E io riesco ad evitare ancora per un’ora lui. Il resto del pomeriggio assieme. Ma ormai è andata.
È sera quando ci ritroviamo io e lui senza lei alla stazione della metropolitana di Campi Flegrei. Destinazione casa. Sono felice. E la felicità può giocare brutti scherzi. Farfuglio che mi dispiace di essere scomparso e che spero che lui mi possa capire. Mi conferma che lui mi capisce. Ma aggiunge che anch’io devo capire lui. Che si è annoiato. E ci è rimasto anche un po’ male. Rimango senza parole. Anzi no. Gli dico a muso duro che no, io non lo capisco. Che lui là non ci doveva proprio venire. Lui sta per arrabbiarsi. Io di più. Facciamo prima a scoppiare a ridere.