La storia siamo noi
La città è Reggio Emilia. L’istituto il Liceo Linguistico Matilde di Canossa. La classe la 5°A.
La prof. è Lorena Mussini. Loro sono Sara Pensieri, Giulia Grasselli e Marika Benevelli. Hanno circa 18 anni. Hanno lavorato ad un percorso di ricerca sulle donne reggiane. Sul loro ruolo nella Resistenza.
La ricerca è stata l’occasione per parlare del rapporto tra i giovani e la storia. Delle ragioni e delle motivazioni che li possono spingere a impegnarsi in lavori di questo tipo. Le risposte di Sara, Giulia e Marika non sono state affatto banali. Leggere per credere.
Sara è partita dai suoi nonni, dalla loro militanza tra le fila partigiane. Dall’idea che partecipare alla ricerca l’avrebbe aiutata a comprendere più a fondo la loro vicenda umana e a comunicarla meglio ad altre persone. Ha aggiunto che si è trattato di un’esperienza che ha soddisfatto pienamente tutte le sue aspettative e alla domanda, insidiosa, relativa al come fa a dirlo, ha risposto senza pensarci un attimo “lo posso dire perché è stata un’esperienza che mi ha emozionata. E mi ha permesso di apprezzare di più quello che ho. Le cose di tutti i giorni così come la libertà”.
Giulia dà un’impronta diversa al suo racconto. Dice di aver sempre avuto un forte interesse per la storia, soprattutto quella recente, che sente più vicina al mondo nel quale vive, che vede più facile da “monitorare” rispetto ai risultati che produce. L’esperienza l’ha soddisfatta soprattutto perché ha condiviso ed in un certo senso vissuto una storia che diversamente non sarebbe mai potuto essere “sua”.
Marika pensa che la storia è difficile da apprendere e allo stesso tempo affascinante perché è un modo diverso e diretto di capire perché sono accadute delle cose e quali conseguenze hanno avuto. Aggiunge che alle medie aveva già raccolto una testimonianza di un partigiano nonno di un suo compagno di classe e che in famiglia non ha esperienze dirette. Conclude dicendo che l’aspetto più bello dell’esperienza fatta è quello che si riferisce al rapporto umano stabilito con la signora intervistata.
Ma forse è venuto il momento di svelarvi come si è svolta la ricerca.
Innanzitutto le ragazze hanno seguito lezioni specifiche di preparazione su questo argomento (8 ore con esperti oltre all’attività didattica condotta direttamente dalla prof.); poi hanno pensato alle domande da fare alla testimone; poi c’è stato un primo incontro preliminare con la signora; infine c’è stata l’intervista (ripresa e montata da un vero regista).
La prof. Lorena Mussini è stata attenta fin qui a non dire nulla. Si vede che ci tiene che ad essere protagoniste siano le “sue” ragazze. Ma noi vogliamo saperne di più sulle sue ragioni e motivazioni.
Ci dice che a lei sembrava importante innanzitutto che le memorie delle ragazze di allora si intrecciassero con quelle delle ragazze di oggi.
Ci racconta che la signora intervistata faceva parte della rete di supporto delle donne. Dava ospitalità ai latitanti. Dava senso al suo rifiuto dell’orrore. Il dvd con le cinque testimonianze raccolte è stato intitolato “Dalla guerra alla conquista dei diritti: le donne si narrano” anche per sottolineare questo aspetto comunicativo, di passaggio del testimone.
Fare, essere partecipi: la storia imparata così si impara meglio. Si recupera l’interruzione di memoria in atto a livello di famiglia e di società. Si rafforzano le relazioni tra generazioni.
La storia è anche per questo importante.