Grazie Lina
Alla letterina di Pasqua sono legati molti bei ricordi della mia famiglia. Papà che prima faceva finta di non vedere quello spigolo bianco che il piatto non riusciva a nascondere, poi si mostrava meravigliato, poi leggeva con sincera emozione la nostra letterina, poi dava mille lire ciascuno a me, ad Antonio, a Gaetano e a Nunzia. Mamma che non ce le lasciava neanche rigirare tra le dita, ritirava il bottino, faceva finta di consolarci con il suo “datele a me che ve le conservo io” tanto la sapevamo già che non le avremmo viste più. Poi l’inizio del pranzo, che era una festa in sé, perché in quegli anni là si mangiava così bene davvero solo a Natale e a Pasqua.
Stasera ho provato le stesse sensazioni grazie a Lina, che non ha ancora compiuto 7 anni, che ho conosciuto una settimana fa, che ho “tormentato” per tutto il pomeriggio e la mattina dopo dicendo che volevo buttare il suo orsacchiotto, che glielo volevo rubare, che l’avrei dato in pasto al cane, tra i rimproveri dei “grandi” e l’immancabile affettuosa avvertenza che da grande mi avrebbe odiato. Io lo sapevo che non sarebbe andata così, sono un esperto nel settore, Irene e Valerie Gonzalez, le mie adorate nipoti, se lo ricordano ancora di quando, venti anni fa, ho staccato la testa della loro Barbie.
Il fatto è che i “piccoli”, fino a quando noi grandi non li roviniamo, sono come il Piccolo Principe, vedono con il cuore e non cogli occhi, ed ecco la letterina che Lina mi ha fatto avere attraverso Rossana e Castrese, i suoi zii.
Posso dire che mi ha fatto felice, ma così felice, ma così felice che non ho potuto tenerla tutta per me tanta felicità e ho deciso di condividerla con voi? Sono i “piccoli” ragazzi, è tutto qui, come direbbe Al Pacino di “Ogni maledetta domenica”. Anzi no, perché se anche noi “grandi” provassimo ogni tanto a guardare con il cuore e non solo con gli occhi questo nostro mondo sarebbe un pò meno ingiusto, e le nostre vite un pò più belle.