L’università online in quattro mosse
Diciamoci la verità. Il modello di università telematica che si è fin qui affermato nel nostro Paese non è di quelli di cui essere orgogliosi. Contenti. Soddisfatti.
Quelle che seguono sono quattro mosse a nostro avviso utili per provare a invertire l’ago della bussola. A rovesciare la tendenza.
La prima mossa si riferisce alle strategie e andrebbe orientata, come richiesto dalla stessa Conferenza dei Rettori, alla definizione di una via italiana all’e-learning che, sul modello delle open universities definisca standard condivisi di qualità, realizzi una mappatura delle esperienze in atto, individui tempi e percorsi credibili di inserimento, sostenga lo sviluppo di esperienze di cooperazione e di scambio, diffonda buone pratiche.
Della seconda mossa abbiamo scritto recentemente ed è quella che punta sul Web come risorsa fondamentale intorno alla quale articolare i processi di apprendimento a distanza, in primo luogo in ambito universitario.
La terza mossa si riferisce alla necessità di un programma orientato allo sviluppo delle effettive capacità delle persone di usare le tecnologie, le risorse, gli strumenti, i contenuti oggi disponibili e a sostenere la voglia di conoscere, comunicare, partecipare delle persone di ogni età, cultura, genere, ceto sociale. L’idea è che per questa via sia possibile avviare uno straordinario processo di inclusione sociale, di ottimizzazione di sistema, di diffusione di ambienti attivati nei quali quando si parla di tecnologia ci si riferisce non solo a un insieme di macchine inanimate ma anche alla capacità umana di usarle, governarle, sfruttarne al meglio le potenzialità.
La quarta e ultima mossa prevede di definire un criterio di urgenza nell’allocazione delle risorse, da quelle, più ingenti, europee, a quelle nazionali e locali, e di assegnare ai tre punti precedenti un carattere di priorità.
Si tratta ancora una volta di rendere visibile il «filo della conoscenza» che permette di migliorare la nostra capacità di imparare, comunicare, comprendere, lavorare per tutto il corso della vita; di essere consapevoli che le risorse educative diventano attive nel processo di apprendimento nel momento in cui diventano gli arnesi che permettono ai discenti di fare (costruire) qualcosa di utile, che è la corrispondenza tra processi educativi e capacità di rispondere alla domanda reale delle persone, ai loro concreti bisogni nello studio, nel lavoro, nella vita, a determinare l’efficacia del processo.
E voi, cosa ne pensate?