Il sonno della ragione genera mostri
Questo post mi è venuto in mente ieri a Roma mentre pranzavo, mangiucchiavo sarebbe più rispondente ma meno chic, con il mio amico Iginio Ariemma, colto e gentile intellettuale torinese, con radici campane da parte di padre, con un passato importante nella politica, segretario della federazione torinese del Pci, a fianco di Occhetto ai tempi della svolta, ideatore e animatore con Pietro Scoppola de “I cittadini per l’Ulivo” e tante altre cose ancora, oggi ideatore, autore e curatore di importanti volumi dedicati a Bruno Trentin e Vittorio Foa.
Si chiacchierava delle difficoltà della politica, delle difficoltà che persino persone come noi hanno a rappresentarsi e a sentirsi rappresentati nell’attuale fase, quando ad un certo punto mi ha detto più o meno “in fondo noi siamo anche fortunati, abbiamo fatto tante cose nella vita, ne abbiamo ancora qualcuna da fare, abbiamo i nostri orticelli da coltivare; i giovani invece non sanno a che santo votarsi, sono disorientati, fanno fatica a proiettare se stessi nel futuro”. A me da una parte sono venute in mente le chiacchiarate con Salvatore Veca, la sua idea che quando l’ombra del futuro si contrae sul presente abbiamo più difficoltà a rispondere alle domande per noi fondamentali come quelle relative a chi siamo e a che cosa per noi veramente vale, dall’altra parte mi è venuto in mente Lucius Quinctius Cincinnatus, Cincinnato, e non mi è piaciuta per niente l’idea di restarmene chiuso nel mio orticello.
Si, penso che c’è più che mai bisogno di politica, e di persone che tornano a fare politica, che tornano cioè a impegnarsi con idee e progetti nell’ambito dello spazio pubblico, che con la loro soggettività contribuiscono a ridefinire i contenuti e a ridare senso ai luoghi della politica. Lo so che è un processo lungo e difficile. E so anche che in particolare i più giovani non sono abituati, non li abbiamo abituati, a ragionare così. Ma per quanto sia pesante anche solo pensarlo, l’alternativa a un processo con queste caratteristiche è un fatto traumatico, un evento sconvolgente, un major event, come avrebbe detto Derrida. Ogni volta che è avvenuto, visto con gli occhi della storia, ha determinato cambiamenti epocali, ma visto con gli occhi di chi li ha vissuti, ha prodotto lutti e sofferenze immani.
Il sonno della ragione genera mostri. Nell’arte magari funziona. Nella vita no.