Il Piccolo Principe
Questa storia comincia alle 6.20 a.m. di una mattina di gennaio, o forse di febbraio, no gennaio, ma poi gennaio o febbraio cosa importa? Nel bar ci sono Luciano, il proprietario, alla cassa, la moglie, al banco dei cornetti, il mitico Gabriele, il barista, al proprio posto di combattimento, l’uomo sotto ai 40, anni, che mangia un cornetto, uno sgabello di quelli alti modello saloon che sovrasta, di più, sommerge, ancora di più, travasa tra le braccia del ragazzetto di 7 max 8 anni che non lo lascia fino a che non è davanti al banco del caffé. Passa la mano sul sedile, ci si arrampica sopra, chiede una cannuccia, beve avidamente il suo cappuccino. Il padre, l’uomo sotto ai 40, ha l’aria di chi ha rinunciato da un pezzo a dirgli di fare le cose con calma.
Sorrido. Il bimbo ha gli occhi belli e svegli, della serie da queste parti o cresci in fretta o cresci in fretta, e la risposta pronta, della serie anche alla mia età non mi faccio passare la mosca sotto il naso.
Sorrido mentre mangio con più lentezza del solito il mio cornetto. Come sempre sono in anticipo, l’autobus per Fisciano parte alle 7.15 e da qui alla fermata a piedi ci vogliono al massimo 20 minuti. E poi curioso sono curioso, però curioso della curiosità buona, perché la curiosità è come il colesterolo, c’è quella buona, quella che ti fa fare domande, ti fa cercare risposte, ti fa capire, imparare, migliorare, e c’è quella cattiva, quella che ti porta ad essere pettegolo, come si dice, trasiticcio. Aspetto dunque che padre e figlio escano e chiedo a Gabriele cosa ci fa un ragazzino così piccolo a quell’ora per strada.
“Che ci fa per strada?, e provateci voi a tenerlo a letto, quello la mattina se non esce con il padre fa il pazzo. Le hanno provate tutte, la migliore è questa: la mattina vengono qui, fanno colazione, aprono l’oficina, poi lui alle 8 prende la cartella e se ne va a scuola”. “Tutte le mattine?” “Tutte le mattine.” Mah.
Ci siamo incrociati altre 6-7 volte fino a quando, due settimane fa, ho chiesto al padre se il ragazzino studiava con profitto. “Sì sì, mi ha risposto, è bravissimo, le maestre ne dicono un gran bene, non ci sono proprio problemi”.
Mentre facevo i miei soliti 20 minuti a piedi mi è venuta l’idea, e il giorno dopo ne ho parlato a Gabriele.
Avrei pensato di regalare un libro al ragazzino, “secondo te se lo faccio il padre si offende?”
“Assolutamente no, anzi, è una bravissima persona, un gran lavoratore, non ci sono problemi”.
Nei giorni successivi, durante uno dei miei ricorrenti pellegrinaggi alla Feltrinelli ho comprato Il Piccolo Principe, quello con la copertina di cartone, con i disegni colorati e la carta più bella. A voi lo posso dire, ci tenevo tanto che il libro piacesse al ragazzo.
Ieri finalmente l’ho portato, sono passato apposta prima, l’ho lasciato a Gabriele, che a me queste cose, sarò perché sono grande e grosso, mi imbarazzano in modo incredibile.
Stamattina invece li ho incontrati, ma solo perché loro erano in ritardo. Appena sono entrato Gabriele ha fatto segno al padre che mi ha detto “grazie, prufessò” e prima che riuscissi a impedirglielo ha fatto segno al figlio che prima che il padre gli dicesse qualche cosa mi ha detto grazie, ma non un grazie normale, ma un grazie così bello, con degli occhi così belli, che vi giuro un grazie così tanto bello l’ho sentito poche altre volte nella mia vita. Gli ho detto “per me è stato un grande piacere”. Lui mi ha detto “grazie”. Domani non mi devo scordare. Devo chiedere a Gabriele il ragazzetto come si chiama.