Pronti, partenza…
Il mio amico Vincenzo, uno di quei pochi amici capace di essere amico e maestro, anzi, uno di quei pochi maestri capaci di essere amici e così generosi da accettarti come collega, è come sempre un passo avanti.
Mentre io mi scervello con Alessandro Germanò – un altro grandissimo amico e professionista che ha deciso di lanciarsi in quest’impresa con me – per mettere ogni sequenza del nostro “La tela e il ciliegio” al posto giusto, lui avrà già scritto 15 post, 20 status su facebook e 32 tweet.
Ora, visto che a me non piace sempre essere quello che fa di meno (Vi giuro che Vincenzo è il concetto di multitasking incarnato) provo a raccontarvi cosa sta succedendo.
“La tela e il ciliegio” è in post produzione, e stiamo davvero rischiando di perdere la vista per farlo diventare ciò che vogliamo. Capirete che girare un documentario sul lavoro ben fatto, sulla dedizione e sulla passione, su un giovanissimo artigiano digitale ed un gigantesco artigiano ebanista, non è proprio un lavoretto. Ma come potrebbe essere altrimenti? Come facciamo a presentarci alle tappe della nostra tournée se in tutte le fasi del nostro lavoro non ci mettiamo tutto quello che possiamo metterci (e di più?). Insomma, siamo persone credibili e “La tela e il ciliegio” sarà presentato il 22 febbraio. Forse, se ce la facciamo. No, no, sto scherzando.
Perché un documentario? Cosa è successo ad un certo punto? Il libro lo stavamo davvero scrivendo insieme io e Vincenzo, e avevo fatto anche tutti i passaggi necessari con la Newton Compton. Perché allora, invece di concentrarmi su una delle cose che mi riescono (bene, non so, ma a riuscirci mi riesce) ho voluto complicare così tanto le cose?
No, a questo punto non vi dirò “chi me l’ha fatto fare non lo so”. Perché al di là del risultato tutto questo lavoro con i testi, le immagini, le telecamere ed i microfoni ha un senso.
Qual è il senso però ve lo dico un’altra volta.
Ps:
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