Sillabario Catanese (Cronaca di due giorni annunciati)
Preludio
Venerdì 8 aprile 2011. Aeroporto di Catania Fontanarossa, 6.57 p.m. Ho appena fatto il check-in, imbarco previsto ore 8.50 p.m., partenza prevista ore 9.15 p.m., arrivo previsto a Napoli Capodichino alle ore 10.15 p.m..
Gli occhiali sono di nuovo al loro posto, cioè sul naso (sì, la mia vita non sarebbe la stessa senza il Principe Antonio de Curtis), poi vi racconto come e dove li ho ritrovati.
Tentenno un pò, poi decido di cominciare. Sì, ho tanta voglia di raccontare i miei due giorni e un pò a Catania, anche se le cose sono tante, troppe per finire tutte in una sera. Tra una cosa e l’altra finirò domenica mattina, ma questo adesso non posso saperlo ancora. Stamattina ho pensato di scrivere un alfabeto in C, ma non la C di Catania, la C di Concetta, che non è la stessa C, anche se Catania è molto bella. Scrivo la premessa e la voce Catania, carico la foto, pubblico su Facebook, avvertendo dei lavori in corso. In fondo l’alfabeto è bello anche perché si può leggere una voce per volta.
Sabato 9 aprile 2011. Scrivo un altro po’ di voci, ho un mare di cose da fare ma questa cosa qui la sento, mi piace, mi sforzo di trovare il tempo per pensarci. La sera pubblico la nuova versione.
Domenica 10 aprile 2011. Daniele Riva ha scritto un commento affettuoso e incoraggiante, gli amici di sempre si fanno vivi qua e là, Concetta aggiunge un commento che fa più bello e più ricco il mio racconto. Decido di evitare questa cosa “political correct” ma che appesantisce l’esistenza di amica/o, il genere umano è uno solo, ci stanno maschi e femmine, e per questa volta va bene così. Decido anche che il post non si chiama più Alfabeto in C ma Sillabario Catanese e che Concetta non sta più in testa, come avevo pensato fino ad ora, ma in coda. No, non è perché è diventata meno importante, all’incontrario. Diciamo che funziona come a teatro, il protagonista principale arriva alla fine. Buona lettura.
Al Tubo
Nessun errore, si chiama così la trattoria pizzeria dove siamo stati la prima sera e poi anche la seconda. Non che si mangiasse in maniera indimenticabile, dati i prezzi ultra popolari sarebbe stato un miracolo, però almeno ho evitato la pizza. Sì, perché Concetta era partita sparata lei e la pizza, ma su questo punto sono stato irremovibile, il napoletano che mangia la pizza a Aci Castello non lo faccio – le ho detto -, tu naturalmente mangi quello che ti pare, io insalata e un piatto di pasta. È finita pasta con le vongole lei, insalata e pasta al nero di seppia io, indimenticabile no ma buona si. Quello che è stato invece indimenticabile, sì, insomma, quello che mi ha fatto chiederle di tornare la sera dopo anche se ero letteralmente a pezzi per la stanchezza, è stato il tavolino che affacciava sul mare, il Castello arrampicato su uno scoglio in alto, i faraglioni di pietra lavica che nonostante la sera senza luna erano un incanto, le chiacchiere senza tempo con Concetta ma di questo vi dico in fondo perché altrimenti in fondo che ci arrivate a fare.
Assenti
Papà avrebbe detto che ci sono stati una assenta e un assento, perché per lui tutto ciò che era femminile avrebbe dovuto finire con la “a”, tutto quello che era maschile con la “o”, ma questo in parte ve l’ho raccontato già. Diciamo allora che “l’assenta” era giustificata, il lavoro è lavoro sempre, anche quando ti fa dire “mannaggia proprio quel giorno doveva capitare”, invece per quanto riguarda “l’assento” avrei qualche dubbio in più, anzi lo avrei avuto quando ero confuciano perché adesso che studio per diventare taoista certe domande provo a non farmele più. Quello che voglio dire è che mi sono mancati tanto, ma non mancati perché mi sia mancato qualcosa, mancati perché si sarebbe aggiunto qualcosa, ma naturalmente non mancherà occasione.
Catania
La città è decisamente bella, forse ci ero già stato e forse no, non me lo ricordo, ma in fondo cosa importa, la sua bellezza è a prescindere da me e da tutti quelli che l’hanno visitata e la visiteranno. Ciò detto, sia Concetta che Rosanna ci hanno anche provato a parlarmi di ponti, piazze, lava, palazzi e tutto il resto, ma io ho resistito bene, nella mia vita ci sono già troppi anfiteatri, scavi, lave, bifore, trifore, mosaici, archi, ponti, palazzi etcevesa etcevesa etcevesa. A me piace la città in quanto città, capire come vive, come funziona, come è organizzata; mi piace guardare le persone, cosa fanno, come si vestono, come si muovono, come pensano. Risultato finale? Due giorni e un pò non bastano neanche per un risultato parziale. Diciamo che mi sono piaciuti i giovani, tanti, le università, il senso di una città viva, in movimento. Non mi sono piaciuti il traffico, l’inquinamento acustico, le troppe macchine per una città che in fondo, almeno se consideriamo il centro centro, è ‘nu muorzo. Lo so che non lo volete sentire, ma io ve lo dico lo stesso che basterebbe eliminare l’automobile e la televisione e questo nostro mondo diventerebbe di colpo più vivibile, da molti punti di vista. Ah, dimenticavo, mi sono piaciute da impazzire le facciate scure dei palazzi, sì, quelle fatte con la polvere di pietra lavica.
Etna
Giuro che quando ho visto questo vulcano così grande, così montagna, così pieno di neve, nonostante un sole caldo che sembrava estate, ho pensato “non è giusto che il Vesuvio sia più famoso”. Concetta mi ha spiegato che le ultime bocche di fuoco che si sono aperte lo hanno reso un pò più montagna e un pò meno vulcano, ma per me non è una questione di forme, è questione di come ti sovrasta, di come ti si presenta, di come ti dice guarda che io sono io.
Feltrinelli Libri e Musica
Alla voce Feltrinelli avrei un elenco lungo lungo lungo di persone, napoletane e catanesi, da ringraziare, ma non perché sono stati gentili e disponibili, perché gli amici sono amici e anche quelli che non erano ancora amici con il mestiere che fanno la gentilezza e la disponibilità ce l’hanno tra gli accessori di base. Il mio grazie, di cuore, è innanzitutto per il fatto di essermi sentito come a casa e un po’ anche per il fatto che mi hanno trattato come uno scrittore vero, si, uno di quelli che a volte sono bravi, altre volte no, ma comunque vendono talmente tante copie dei loro libri da poterci vivere, beati loro, senza dover fare altro. Non volendo fare un elenco che poi rischi sempre di dimenticare qualcuno e ti dispiaci tu e si dispiacciono loro, ringrazio per tutti Sonia Patania, la responsabile degli eventi. È stato davvero un piacere. Alla prossima.
Granita
Non è che non ne avessi mangiate di granite buone, a Sorrento, ad Amalfi, a Palermo, a Trapani o a Messina. Ma a Santa Maria non fanno la granita, fanno la crema di granita, la madre di tutte le granite, l’archetipo della granita, il tao della granita, e poi la fanno alla mandorla, all’ananas, al limone, al pistacchio no che quelli freschi non ci sono ancora, insomma una granita da pazzi, roba da 110 e lode, anzi no, la lode no perché fanno anche la granita di cioccolata e anche se è vero che i ragazzi la mangiavano estasiati, la granita di cioccolata per me è un non sense, un ossimoro, una cosa senza “capa” né coda, più o meno come il governo italiano per intenderci. No, mi dispiace, 110, ma senza lode.
Interventi e Domande
Sì, ci sono stati anche interventi e domande, e poi anche sorrisi e dediche e persino richieste di amicizia su Facebook, tutte cose che mi piacciono un sacco e per le quali sono grato a tutti i presenti, uno a uno, nessuno escluso. Non potendo fare diversamente, altrimenti finiamo come con la lettera di Tommasino in Natale in Casa Cupiello, ne ricordo anche qui uno per tutti, l’intervento del prof. amico di Concetta – sì, vi dovete rassegnare, Concetta c’entra sempre, persino quando non la nomino-, che ha detto che la discussione gli era piaciuta e soprattutto che gli piaceva l’idea che si moltiplicassero i libri di questo tipo, che si creasse una vera e propria letteratura, ve lo assicuro, proprio così ha detto, sul lavoro e sulle persone che cercano di farlo bene, che stanno a Catania, a Napoli e in ogni parte d’Italia. Nei prossimi giorni lo contatto, è proprio la cosa che vorrei fare io, magari potrebbe darmi una mano.
Lavoro
Il lavoro come i racconti di lavoro che compongono Bella Napoli ma anche come lavoro che ho dovuto fare nei mie giorni catanesi sia dal vivo che via telefono, skype, posta elettronica. Sì, ormai la mia vita funziona così, il lavoro in qualche modo c’è sempre e devo dire che è molto faticoso, ma mi piace assaje.
Libro
Non è stata una sorpresa in assoluto, è stata una sorpresa perché non ti ci abitui mai, la verità è che ogni volta che qualcuno parla del tuo libro scopri cose nuove, ti dici “mannaggia ma perché non ci ho pensato io, perché non l’ho scritto come lo sta dicendo lui”. A Nino Amante e Andrea Micciché va la mia sincera gratitudine per aver presentato Bella Napoli con leggerezza, complicità, ricchezza.
Occhiali
Li avevo persi e poi li ho ritrovati. Erano occhiali da vista, niente di che, roba da cinquanta euro al massimo, soldi che non ti fa piacere spenderli così ma comunque non è che ti cambiano la vita. Quello che mi scocciava era riandare dall’ottico, portargli le lenti rotte, sì, quelle di riserva che apposta non le butto, andare a ritirare i nuovi occhiali due giorni dopo e così via discorrendo.
Lì ho cercati nell’albergo dove ho dormito la prima notte, niente, alla Feltrinelli, neppure, alla trattoria di Santa Maria della Scala neanche a parlarne però in compenso abbiamo mangiato della pasta con le vongole che poteva andare davanti a un re, nell’automobile di Concetta avevamo già guardato un paio di volte, niente, eppure mentre stavo per risalire in macchina per andare all’aeroporto ci ho riguardato, ma non più con gli occhi, con la mente sgombra, serena, insomma con il cuore, e li ho visti là dove non si potevano vedere, a fianco alla staffa del sediolino davanti, nella parte interna, il fodero leggermente ma giusto un briciolo più chiaro del ferro. Li ho presi e ho pensato adesso voglio vedere cosa dicono Cinzia, Viviana, Carmela, Deborah e tutte quante le altre che mi hanno massacrato per la mia teoria dell’albero. Quegli occhiali in quel posto lì non si potevano vedere, eppure io li ho visti, quasi come un piccolo principe. Un’altra volta imparano a non prendermi sul serio.
Portiere
Il portiere è quello dell’albergo dove ho dormito la prima notte, l’ho visto lavorare 20 ore di seguito, gli ho chiesto perché, mi ha detto “turno lungo così domani non vengo e mi posso dedicare alla mia attività di promotore di turismo culturale in Sicilia, ho preso la laurea, vorrei migliorare”. Abbiamo chiacchierato ancora, mi ha chiesto del libro e poi se fossi scrittore, gli ho risposto che scrittore è una parola grossa, lui mi ha detto “vero, volevo sapere se è con i libri che ti guadagni da vivere”, gli ho risposto di no, mi ha detto che sarebbe passato alla presentazione, l’ha fatto, assieme alla fidanzata e a un amico. Quando torno a Catania conto di intervistarlo, ma non perché è venuto alla presentazione, anche se una persona che dice una cosa senza essere obbligato a dirla e la fa senza essere obbligata a farla è una persona che mi piace, ma per la storia delle venti ore di lavoro di fila perché il giorno dopo deve fare altro per migliorare. Per me fino a prova contraria un posto a Bella Catania non glielo leva nessuno.
Radio Zammù
Concettina mi ha spiegato che Zammù deriva dalla parola araba Zammut, Anice, e che a Catania la usano per indicare la Sambuca. Ora sarà che a papà la sambuca gli piaceva tanto, a volte troppo, ma purtroppo adesso la cosa non mi dà più fastidio e poi nessuno è perfetto, sarà che nelle giornate fredde fredde fredde pure a me piace prendere il caffè corretto con un goccia ma proprio una goccia di sambuca, a me questo fatto che la radio dell’università di Catania si chiamasse così già mi piaceva un sacco, poi quando ho visto il bellissimo convento dei benedettini che ospita la facoltà di lingue, credo, ho conosciuto la redazione, abbiamo fatto questi 5 minuti di intervista a tutta birra, mi è piaciuto tutto ancora di più. Sì, alla radio do il massimo dei voti, anche se sono tre giorni che gli ho chiesto il file mp3 con la registrazione e neanche mi hanno risposto. L’ho appena detto, nessuno è perfetto.
Rosanna
Io allora avevo 18 anni, lei 17, ma Rosanna è stata una persona straordinariamente importante nella mia vita. Pensate che mi sono iscritto all’università a Salerno e non a Napoli perché nel frattempo ci eravamo lasciati e io ero così dispiaciuto che non ce la facevo più a andare in giro per la mia città, a rivedere le strade nelle quali avevamo passeggiato, i luoghi nei quali eravamo stati e così via cantando. L’ho rivista a Catania quasi 40 anni e molte vite dopo e per me è stata un’emozione grande anche se forse sono successe troppe cose, forse c’è stato troppo poco tempo, soprattutto per colpa dei miei mille impicci, perché potessimo parlare di noi adesso invece che delle nostre storie, forse semplicemente siamo persone troppo diverse da allora o troppo diverse da come ci eravamo pensati, non lo so, quello che so è che un post non è il posto migliore per pensieri così e perciò salto una casella e vado a quella successiva.
Santa Maria della Scala
Giuro che se riesco a convincere “l’Assenta”, che non è mica facile, e il posto rimane com’è, che neanche questo è detto, Santa Maria della Scala diventerà il mio buen retiro, il posto dove ritirarmi per pensare, scrivere, passeggiare. Non è che ci si può stare tutto l’anno, per carità, ma da giugno a settembre c’è tutto, il mare, Catania a 10 minuti, una costa splendida da un alto, una bellissima spiaggia dall’altro, la signora che fa le granite e cucina saraghi e vongole da Dio, insomma di tutto e di più a portata delle mie possibilità, perché certo che lo so che ad averci i dané, come dicono dalle parti di Daniele Riva, si trova anche di meglio, ma per me Santa Maria della Scala va benissimo, anche se poi mi aiutate a vendere 200 mila copie di Bella Napoli il discorso cambia. Facciamo così, rileggete piano l’ultima frase e quando arrivate a “vendere 200 mila copie” aggiungete, come faceva papà, “passasse l’angelo e dicesse Ammenn”, mi raccomando, con due “m” e due “n”, proprio come faceva lui, che chissà che se lo facciamo tutti assieme questa volta …
Sedie
Le sedie in questione sono quelle vuote, sì proprio quelle che vedete nella foto in prima fila. Certo che lo so che lo fate per timidezza, per discrezione, per quello che vi pare, ma noi che stiamo dall’altra parte del tavolo non vi dobbiamo né interrogare né fucilare, quindi non rischiate niente a sedervi davanti e ci evitate questa angoscia delle sedie vuote, che vi assicuro che l’occhio va sempre là, deve fare ogni volta uno sforzo per saltare la barriera, e non è giusto, che miseria. Facciamo così, io la prossima volta mi porto una guantiera con le sfogliatelle e le offro a chi si siede davanti, però voi nel frattempo fateci l’abitudine, che quelli quando gli scrittori arrivano da Milano mica possono portarvi le sfogliatelle.
Under 18
Concetta mi ha detto che hanno 16-17 anni, un ragazzo e una ragazza suoi ex studenti. Il ragazzo lo avevo incontrato a Napoli qualche mese fa quando era venuto in gita scolastica e io avevo inseguito Concetta e il loro autobus tra Mergellina e Posillipo, ma questa è un’altra storia. Sempre Concettina mi ha ricordato – chi mi conosce lo sa, la parola ricordo nel mio vocabolario è sbiadita assai, quasi non si vede più -, che era rimasto colpito da quella frase di Che Guevara che gli avevo citato, forse perché aveva una maglietta addosso con il Che, non ricordo, una cosa tipo “quando si sogna da soli è sogno, quando si sogna in due è realtà”. La ragazza era la prima volta che la vedevo, forse. Mi hanno avvicinato alla fine della presentazione con il libro in mano chiedendomi una dedica. Mi è venuto spontaneo dire “ma no, siete dei ragazzi, ce la fate a spendere questi soldi?, lasciate stare, ve lo regalo io”, lui mi ha detto, credo, “non si preoccupi”, lei quasi si è offesa. Ho scritto con gioia le due dediche, li ho ringraziati tanto anche se non abbastanza, ho pensato che sono una persona veramente fortunata, ho chiesto anche a loro di scrivere qualche riga di commento al libro dopo che lo avranno letto, mamma mia quanto desidero che lo facciano davvero.
Concetta
Mi dispiace per Lucio Battisti, che già l’avevo maltrattato troppo da giovane perché lui era di destra e io quelli di destra non li ascoltavo a prescindere, giuro, ho fatto anche questo, non ne sono orgoglioso of course, semplicemente penso che anche questo abbia avuto un senso importante nella mia vita. Comunque stavo dicendo che mi dispiace per Battisti ma io lo so cosa dico se dico che ho una donna per amico. Sì, con Concetta sono stato come sto con Salvatore che anche se voi non lo conoscete ve lo dico io che quando ci sto assieme sono felice senza dover fare o dire niente. Guardate che è difficile, molto difficile, perché non è che non fai o non dici niente, è che non lo devi fare o dire, e tu lo senti che non lo devi fare o dire e allora quello che fai o dici viene fuori da dentro in maniera naturale, segue il suo corso, prende la sua strada, senza incontrare resistenza. Io con Concetta nei miei due giorni e un po’ catanesi sono stato così e vi assicuro che così è bello, bello assaje.
Vedete, questa cosa qui per me è così importante che per lungo tempo l’ho cercata anche nell’amore, fino a quando non mi sono fatto l’idea che nell’amore non la posso trovare, naturalmente vale per me non per tutti, diciamo che io non sono il tipo adatto. In “Piccolo trattato delle grandi virtù” André Comte Sponville scrive che “Amare con purezza è consentire la distanza”, in altre parole amare senza possesso, con mitezza, diciamo che io ho altre qualità, forse, ma la distanza nell’amore non la consento, io la distanza la travolgo, me la mangio, e mi sto convincendo che aveva ragione mio padre, chi nasce tondo non può morire quadrato, perciò tanto vale accettarsi.
Ora non ditemi che invece di parlare di Concetta sto parlando di me, perché io sto parlando di lei, di questa “amico” meravigliosa con la quale ho trascorso due giorni come sul molo di Procida, quando mentre Salvatore fa le sue mille cose io guardo le navi che entrano ed escono dal porto e sono felice. Certo che lo so che in questi miei giorni catanesi sono stato io a fare mille cose, ma le ho potute fare come guardando le navi grazie a Concetta. Sì, a Catania ho vissuto due giorni e un po’ straordinariamente belli con la mia amico Concetta. Abbiamo chiacchierato, ci siamo raccontati, mi ha rassicurato quando mi prendevano gli attacchi d’ansia della serie “mamma mia qua finisce che alla presentazione non viene nessuno”, lei sempre lì con quel suo fare dolce, discreto, come quando alla radio non si è voluta sedere di fianco a me ma indietro in fondo, nonostante i ripetuti inviti della giovane conduttrice, neanche fossimo stati in televisione e qualcuno avesse potuto scoprirla troppo protagonista.
Insomma spero si sia capito, è troppo bello avere Concetta per amico, non devi neanche dire troppe cose per ringraziarla, basta grazie Concettì, di tutto, di cuore, ti aspetto a Napoli, ma se per caso non vieni non pensare di esserti liberata di me, perché ritorno io a Catania.
Un abbraccione forte Cuncé.
vincenzo
Cronaca di due giorni annunciati
di Concetta Tigano
Mercoledì 6 aprile
Ore 15,40, aeroporto di Catania, vedo Vincenzo sul marciapiede, zona arrivi , sale in macchina, saluti, sorrisi, ma subito il suo fisico da “fagiolino”, come dice lui, mal si adatta alla mia macchina tondetta e cicciottella che pare, come la banca, costruita intorno a me.
Andiamo verso il centro e mentre io indico “a destra questo, a sinistra quest’altro” vedo con la coda dell’occhio che non segue ciò che dico io ma ha lo sguardo fisso sul paraurti posteriore della macchina davanti a noi, si nota un certo desiderio di estroflettere almeno una decina di tentacoli, tipo polpo Paul, per tenersi in tutte le maniglie interne ed esterne della mia Suzuki rossa.
Appena arrivati, lasciamo l’odiata auto, scambio di regalini, tanti i suoi, pochi i miei! Si va a piedi!!!!
In albergo Vincenzo attacca discorso con il portiere, lo invita alla presentazione del libro, e meno male che non conosce il direttore, la segretaria e il posteggiatore che altrimenti alla Feltrinelli facevamo “La festa di S.Agata 2!”
La serata si conclude ad Acicastello, Stefania Bertelli ricorderà.
Giovedì 7 aprile
Ore 9,30, l’itinerario è questo: albergo – radio Zammù – Feltrinelli – radio Zammù. Vado? No, corro!
Ad un tratto sento “Cuncè, si’ peggio ‘e Cinzia!”, contemporaneamente squilla il suo telefonino, si materializza Cinzia! Bellissimo, tempismo perfetto! :-)))))) Vincenzo subito le propone il mio nome come co-pilota per un improbabile Rally cittadino…!
Poi si va a S. Maria la Scala, giro turistico-gastronomico, anche qui Stefania ricorderà.
Di pomeriggio lo lascio con amici suoi, mi saluta dicendo “Concettì, se alle sei meno dieci non ti vedo in Feltrinelli…io mi suicido!” Che ansia!!! Con questa minaccia macabra sul collo, vado a casa, faccio tutto di corsa, alle sei meno dieci sono alla Feltrinelli ma, mannaggia a me, ho dimenticato la macchina fotografica!!!!
Vincenzo passeggia nervosamente…io seduta, apparentemente calma!!!
Comincia ad arrivare gente, la saletta si riempie, Vincenzo racconterà che li ho portati quasi tutti io…non è vero!
Si comincia. Va tutto a meraviglia!! Si sente nell’aria che la serata funziona, che tutti sono interessati, che questa proposta piace!!!! Sono davvero contenta!!!
Venerdì 8 aprile
Ore 8, cinque noiosissime ore a scuola e poi, dopo impegni e riunioni varie con Vincenzo, torniamo a S. Maria la Scala, mi ha detto di aver perso gli occhiali, e vuole vedere se per caso sono rimasti lì, andiamo con l’alibi degli occhiali, ma io lo so, è la granita assaggiata il giorno prima che vuole!!!!
Disastro!!!! Alla Timpa avevano finito le granite, anzi no, c’era rimasta solo quella al cioccolato, praticamente una non-granita! “Signo,’ se non ci fate una granita al limone, io mi suicido!” …e daglie!!!! Questa frase ha avuto un potere di convinzione notevole, certo è che la signo’ in questione, immaginandosi Vincenzo steso lungo lungo (è proprio il caso di dirlo!!!) a terra con un coltello da cucina in corpo, si impressiona e dopo due chiacchiere ed una passeggiata ci fa trovare la granita pronta!!!!!
In macchina (sig!), manovra per uscire dal posteggio, Vincenzo apre lo sportello e con gli occhi del Tao vede gli occhiali, e lì mi sono sciroppata tutta la tiritera del vedere e non vedere, ma già la sapete anche voi …!!!!
Ore 18,00 siamo all’Aeroporto, bilancio? positivo! Il libro ha avuto la sua vetrina, e abbiamo trascorso due giorni molto gradevoli.
Fine-corsa, si! Ma certo non fine-amicizia!!!!!!!