Sillabario perugino
Artigiano
Sì, direi che viene quasi normale che con il passare degli anni uno l’artigiano che ha in sé cerchi di tenerselo sempre più stretto, almeno per me funziona così. A volte ho pensato che è perché non so e soprattutto non so fare quasi nulla, altre volte perché sono segno zodiacale Vergine e nei confini di ciò che per me vale amo essere preciso, non darmi scampo, ma questo è, prima mi ci sono abituato, adesso lo coltivo il mio piccolo grande “me” artigiano. Sì, direi che mi piace un sacco mettere qualcosa di me in quello che faccio, mi piace farlo con gioia, mi piace essere contento quando l’ho fatto bene. Dite che in questa Napoli declinante sono destinato a fare la fine di Don Chisciotte? Io dico di no, se “no” è troppo perentorio dico forse, ma aggiungo che a me la fine che fa paura veramente è quella che fa chi si arrende. Scusate ma non mi lego a questa schiera, morrò come Guccini pecora nera.
Assenti
Come a Catania anche a Perugia ho da registrare un assento e una assenta, questa volta però tutti e due giustificati. Trattasi di Irene Preti e di Giovanni Mometto, le due persone con le quali più abbiamo avuto a che fare nella realizzazione della nostra inchiesta sulla scuola abbandonata a Napoli.
Sì, a Perugia mi sono mancati per molte ragioni, la più importante è perché ha funzionato tutto molto bene, ma sì, diciamolo, crepi l’avarizia, è stato un successo e a questo successo loro hanno dato un bel contribuito.
Dite che tutta la <ahref Foundation è stata importante, che dietro le quinte c’è il lavoro di tante altre persone? E io mica lo metto in dubbio, di più, ne sono convinto, soltanto io qui non sto presentando un report sull’attività svolta e non sto neanche facendo la lista della salute modello Tommasino in Natale in Casa Cupiello, sto raccontando di persone, di emozioni e di relazioni, insomma di facce, di occhi, di voci, insomma facciamo così, per questa volta quelle di Irene e Giovanni funzionano come l’aleph, valgono per tutte.
Enrico Pedemonte
Una vita da inviato. Nel suo ultimo libro, Morte e resurrezione dei giornali (Garzanti) racconta il futuro prossimo venturo dell’editoria. Attualmente impegnato nel varo di Il nuovo Paese Sera, la voce di Roma. Leggete qui come se lo immaginano lui ed Enrico Fontana: “Un mensile d’inchiesta, libero e popolare. E un quotidiano on line, continuamente aggiornato e aperto al contributo di associazioni, comitati, cittadini. Da un lato l’approfondimento, la riflessione, lo sguardo attento ai cambiamenti in corso, ai protagonisti della vita sociale, economica e culturale, ai bisogni delle persone e alle risposte delle istituzioni, al ruolo della politica e al funzionamento della pubblica amministrazione. Dall’altro, quartiere per quartiere, tutte le notizie del giorno, gli eventi, gli appuntamenti da non perdere, le informazioni utili per muoversi, divertirsi, fare sport, i blog da seguire, le opinioni da commentare, le iniziative da condividere”.
La sera di venerdì abbiamo potuto chiacchierare un po’ e la mattina del sabato gli ho regalato la copia di Bella Napoli che avevo con me. Spero che lo legga e che almeno un po’ gli piaccia. Punto.
Fausta Slanzi
Giornalista, lavora per la Provincia Autonoma di Trento ed è stata nostra complice per ragioni istituzionali e nostra compagna di chiacchiera, di cena e di viaggio per ragioni di piacere. Il viaggio è stato breve, come a Perugia andare dal centro alla stazione, però lungo abbastanza per raccontarsi delle cose, per conoscersi solo un po’ ma quel poco avverti che ti piace. Sì, quando Cinzia, Alessio and me l’abbiamo salutata ci ha fatto piacere pensare che l’avremmo rivista presto a Napoli.
Freddo
Ebbene sì, ha fatto tanto freddo, direi particolarmente freddo per metà aprile, anche per Perugia. Io ero arrivato attrezzato, se sei segno zodiacale vergine un’occhiata al meteo e alle temperature minime e max gliela dai, magari senza fartene accorgere ma gliela dai. Ma vi assicuro che nella Band c’è chi lo ha sofferto tanto il freddo, nonostante il cuore impavido.
Luca De Biase
Se state pensando che è perché è il presidente che se ne sta qua solo soletto mentre Erla, Giancarlo, Giorgio e Michele stanno assieme da un’altra parte cliccate subito su reset perché siete fuori strada. La verità è che con Luca siamo amici da più o meno 20 anni e sono più o meno 20 anni che sono contento di volergli bene come si vuole bene agli amici veri, quelli che ti mancano uguale se li vedi tre volte in un mese o li vedi una volta sola in tre anni, quelli che va bene così, quelli che nel riassunto delle puntate precedenti c’è sempre un po’ di posto per la parola complicità. Ciò detto, rimane da aggiungere che in questi anni assieme a tante altre abbiamo fatto anche qualche bella cosa assieme. Per esempio nel ’94 abbiamo scritto “Sud e Federalismo”, che per me resta un bel libro, sì, bello, non me ne importa se “ogni scarrafone è bello ‘a mamma soja”, il nostro era, è, bello per il tema, nell’anno di grazia 1994 il federalismo visto da Sud non era cosa di tutti i giorni, e anche per come l’abbiamo raccontato, “modestamente a parte” come avrebbe detto mio padre. E un paio di anni dopo abbiamo messo su, assieme a un altro nostro amico, Rosario Strazzullo, una rivista che la porterò per sempre nel cuore, Austro e Aquilone, dai nomi dei due venti, del Sud e del Nord, che aveva un sottotitolo che era tutto un programma: (tele)comunicazioni tra Napoli e Milano.
Certo che è vero che ha resistito soltanto due anni, 6 numeri, però ci sono passati Pierluigi Bersani, Alberto Bregani, Federico Butera, Carlo Callieri, Antonio Cantaro, Franco Cassano, Anna Cerruti, Sergio Cofferati, Furio Colombo, Bo Dahlbom, Riccardo Dalisi, Biagio De Giovanni, Derrick de Kerckhove, Vincenzo De Luca, Domenico De Masi, Hubert Fexter, Vittorio Foa, Guido Fontanelli, Luigi Frey, Giuseppe Genna, Giuseppe Giulietti, Alberto Leiss, Sebastiano Maffettone, Michele Mezza, Corrado Ocone, Diego Piacentini, Francesco Pinto, Alex Ponti, Andrea Ranieri, Stephan von Stenglin, Umberto Torelli, Bruno Trentin, Salvatore Veca, Alessandro Vezzosi, Federico Ziberna e non sono neanche tutti non so se mi spiego.
E poi con Luca ci siamo acchiappati tra una fatica e l’altra – a proposito, se non avete ancora letto il suo ultimo libro, Cambiare pagina, do it! fatelo! – in tante altre cose che se mi metto a raccontarle tutte questo sillabario perugino diventa un libro e di questi tempi vi assicuro che per quanto mi riguarda non è proprio aria.
Luisa Pronzato
Lei l’abbiamo conosciuta il sabato, a pranzo, dove abbiamo capito che tra le mille cose che fa scrive per La 27esima Ora. A me aveva detto che si sedeva lì perché voleva parlare con me, invece voleva parlare con Cinzia. Quando ho cercato di scalare di un posto per la serie “provateci voi a mangiare una bistecca con patatine in santa pace con Luisa Pronzato da una parte, Cinzia Massa dall’altra e tu in mezzo” mi ha detto di non fare il maschilista. Quando ho cercato di fare lo scugnizzo dicendole “io non faccio il maschilista, sono maschilista” ha bofonchiato qualcosa tipo “essendo maschio, come poteva essere altrimenti” e ha continuato tranquilla a parlare con Cinzia.
Dite che per questo mi è piaciuta un sacco? Non lo so, l’ho saputo quando ho letto questo: “Sono, con orgoglio, lo stereotipo della zitella (lascio ad altre i doveri della single). Pasionaria, non rinuncio agli entusiasmi. Fotografo per esercitare occhio e mente e continuare a raccontare. Con le immagini”.
Michele Kettmaier, Erla Mesiti, Giancarlo Sciascia and Giorgio Meletti
Questa voce l’avrei chiamata <ahref Foundation se non fosse che Giorgio non è che lo puoi mettere solo là, e io suoi anni passati al Corriere della Sera?, e quelli di adesso a Il Fatto Quotidiano?, e poi in fondo neanche Michele, Erla e Giancarlo li puoi mettere solo là, e allora diciamo che questa sarebbe la voce “belle cape, belle idee, bella gente”, che poi è l’idea che ci siamo fatti Alessio, Cinzia, Colomba and me di Fondazione Ahref.
Sì, a me Fondazione <Ahref come titolo e Belle cape, belle idee e bella gente come sottotitolo piace molto, definisce un modo di essere e di fare che purtroppo si fa una certa fatica a incontrare nel nostro bel Paese, il modo di essere e di fare di chi lavora con entusiasmo, di chi è attento al dettaglio, di chi insomma ha cura delle cose che pensa e che fa, del modo in cui le fa, delle persone con cui le fa.
Sì, ad Alessio, Cinzia and me tutto questo ci è piaciuto molto, perché noi in fondo eravamo arrivati da poco e invece ci siamo sentiti come se fossimo stati con loro da sempre. È come nella Napoli bella quando qualcuno prende il caffè e ne paga anche un altro, il “sospeso”, per l’avventore sconosciuto che presto o tardi passerà. Con un piccolo gesto si dà senso alla relazione con l’altro e noi a Fondazione Ahref abbiamo trovato senso, connessioni, amicizia, e non è poco, no che non è poco non è poco.
Panini
Panini non nel senso delle figurine, nel senso proprio dei panini, quelli che ha comprato Cinzia appena arrivata a Termini mentre lei e Alessio aspettavano me che arrivassi dalla Fondazione e l’Eurostar che arrivasse sul binario.
Noi eravamo 3, i panini che abbiamo mangiato sono stati 4 ma chi ne ha mangiati 2 non ve lo dico, vi dico invece che faccio sempre così, prima mi arrabbio fino a diventare esagitato quando Cinzia mi dice che per me ne prende 2 della serie “che devo fare con questi panini assurdi che vendono alla stazione prendine 1 che basta e avanza”, poi mangio il mio di panino e poi anche il suo che se lei ne non ne avesse comprati 4 a prescindere sarebbe rimasta senza. Dite che sono impossibile? Vero. Ma solo in parte. Per un altra parte è un gioco, sì, funziona proprio come nella vita.
Piedi
I piedi in questione sono quelli dell’intrepida Erla, sì, proprio lei, Erla Mesiti, che è arrivata in versione estiva nella Perugia dominata dal freddo e dal vento, comprese le scarpe aperte, se ricordo bene delle ballerine, e piedi rigorosamente nudi. Posso dire che ho ammirato non solo la resistenza dell’intrepida fanciulla ma anche il suo amor proprio quando si è rifiutata di indossare i calzini che il prode Giancarlo le aveva offerto per dare ricovero ai suoi piedini gelati? Proprio così, della serie “io quelle calze lì a righe orizzontali non le metto, piuttosto mi tengo il freddo”. Certo che ci vuole coraggio, io nella sua situazione mi sarei messa anche le calze di Pippi calzelunghe, le mutande di lana del nonno quelle no, vabbé diciamo soltanto se ce ne fosse stato davvero bisogno.
Team Moretti
La definizione non è mia, è di Alessio Strazzullo, che forse per dare una soluzione postuma alla mia risposta impacciata a una domanda di Luisa, “come vi chiamate?”, ha scritto a un certo punto sul suo blog: “noi del Team Moretti un nome ancora non ce l’abbiamo, e al momento preferiamo non pensarci troppo su”.
Confesso che all’inizio quel “un nome ancora non ce l’abbiamo”, con il suo evidente, diciamo pure incombente, riferimento al momento in cui dovremo averlo, mi ha procurato una notevole angoscia, poi per genio e per caso sul display del mio iPod è apparso “Un’ora sola ti vorrei, Mario Musella e Gli Showmen” e il mio daimon made in Secondigliano mi ha suggerito immediatamente “La scuola abbandonata a Napoli, Vincenzo Moretti e i Citizen Reporter”.
Adesso che vi ho fatto capire come sono ridotto posso aggiungere che Cinzia Massa, Colomba Punzo e Alessio Strazzullo sono stati dei compagni di inchiesta semplicemente straordinari e mi fermo qui perché altrimenti la cosa diventa sdolcinata e non va bene, anche perché non si può riposare sugli allori, meglio cercare di migliorarsi sempre, vedere cosa e come si poteva fare meglio, su su, che ci sono ancora un sacco di cose da fare.
Timu
Timu è la piattaforma che Fondazione <Ahref sta approntando per permettere ai cittadini reporter di fare informazione di qualità. Nel frattempo che aspettate potete fare due cose: inserire il vostro indirizzo elettronico per essere contattati non appena la piattaforma sarà disponibile per il pubblico; vedere come procede La scuola abbandonata, la prima grande inchiesta promossa su Timu che affronta per l’appunto il tema della disperisone scolastica nel nostro paese.