Sognando Riken
About RIKEN »
3.441 scienziati direttamente impegnati nelle diverse attività; 2.456 provenienti da strutture di ricerca di ogni parte del mondo; 1.185 studenti impegnati nelle attività di tirocinio; un budget per il 2007 di circa 90mila milioni di yen; un’attività di sperimentazione e ricerca che attraversa, escluse quelle umane e sociali, ogni campo delle scienze e delle tecnologie; l’impegno a rendere pubblici i risultati delle proprie attività: è il RIKEN oggi. Per saperne di più non perdetevi le due storie che seguono.
Ego in rete »
Piero Carninci già lo conoscete (Nova 24, 12 luglio 2007). Con le sue ricerche ha messo in discussione il dogma dell’immutabilità del DNA. È stato il primo scienziato non giapponese ad essere insignito del Yamazaki-Teiichi Prize. Ribadisce che nella ricerca si confrontano “ego” notevoli, che lo scienziato è per “sua natura” competitivo. E che però per ottenere risultati importanti bisogna fare rete con chi ha competenze complementari. Un modello di collaborazione tutto RIKEN – aggiunge – è il consorzio FANTOM, nato nel 2000 dalla consapevolezza che pur essendo molto forti nel produrre i full-length cDNA, (DNA complementare di mRNA a lunghezza completa), nel fare datasets estesi, eravamo deboli nell’analizzarne la funzione. Dunque occorrevano ricercatori più capaci di focalizzarsi sullo specifico. Sono arrivati così una cinquantina di biologi provenienti da campi diversi e felici di lavorare in laboratori attrezzati per analizzare tutti i geni, o gli RNA, in un colpo solo. Sono stati determinanti per il successo del progetto. FANTOM ha creato un modello che può essere imitato. A patto però di apportare idee e visioni originali. Altrimenti fare come fanno gli altri non funziona. Da noi questa cultura è molto forte. Il “RIKEN Presidential Fund”, presieduto dal presidente Noyori, è ad esempio un premio bandito 2 volte all’anno che assegna finanziamenti biennali alla ricerca che mette assieme due istituti diversi del RIKEN (ad esempio genomica e neurobiologia) intorno a un progetto il più possibile pazzo e rischioso.
Il gene interruttore »
Nel futuro prossimo venturo di Carninci ci sono molte cose. La correlazione tra le sequenze del genoma che regolano l’espressione dei vari RNA cellulari ed il livello di espressione di questi ultimi (per sapere come e perchè differenti geni vengono espressi in condizioni e tessuti differenti). L’analisi degli elementi che regolano l’espressione genica in specifici neuroni come le cellule nervose (si tratta di studi molto complessi che hanno tra gli altri l’obiettivo di capire la funzione della plasticità del cervello, di individuare meccanismi su come riattivarla, di definire e sviluppare metodologie per studiare la neurodegenerazione). L’esplorazione di tipi di RNA prodotti dal genoma (il genoma produce tanti RNA di diversi tipi e dimensioni; la parte più importante ed eccitante è che tra questi ci sono RNA “interruttori” di attività genica: usando RNA si potrà in futuro accendere o spegnere la funzione di vari geni (si potrà ad esempio alterare il decorso di malattie prima incurabili, anche se per ora la ricerca non è ancora rivolta alle malattie ma alla comprensione dei meccanismi).
Una geniale fabbrica di serendipity »
Al Frontier Research System la ricerca è davvero ad alto rischio. Vi lavorano in 179 tra scienziati e ricercatori. Dodici le aree di ricerca attive intorno a tutto quanto fa frontiera, dai robot umani interattivi alle nanoscienze, dai controlli biomimetici ai computer quantici.
Cose da (scienziati) pazzi? Assolutamente no. Perché le scoperte che avvengono per genio e per caso lasciano spesso un segno importante. Perché il risultato, quando c’è, assicura un vantaggio cognitivo – competitivo di grande rilevanza.
Franco Nori è a capo del Digital Materials Laboratory (DML) al Single Quantum Dynamics Research Group. Teoria. Idee. Per vedere, manipolare, sfruttare nuovi fenomeni quantici. Nori è membro della American Physical Society dal 2002 e dell’Institute of Physics del Regno Unito dal 2003; sarà eletto, il prossimo 16 febbraio, membro dell’American Association for the Advancement of Science; ha ricevuto nel 1998 un “Excellence in Research Award” e nel 1997 un “Excellence in Education Award” dall’Università del Michigan; nel suo cv oltre 160 pubblicazioni (e oltre 4600 citazioni) su riviste come Physical Review Letters, Science, Nature, Nature Materials, Nature Physics. È l’uomo che ha maggiori probabilità di vincere la corsa per la realizzazione del computer in grado di risolvere in pochi secondi ciò che i computer attuali non possono risolvere in un anno.
La possibilità di utilizzare le tecnologie dell’informazione quantistica non è più solo un sogno – afferma – anche se sui tempi occorre essere ancora cauti. In fondo gli studi sull’elaborazione di questo tipo di informazione sono partiti da poco. Non si sa ancora quali dispositivi o sistemi (atomi, fotoni, spin ecc.) saranno più adatti. Tante sono le sfide ancora aperte. Ma anche se i tempi non sono ancora prevedibili, è comunque una questione di tempo. Così come è certo che la discussione attiva e continua con scienziati che provengono da altre parti del mondo, il continuo scambio di idee, l’intensa dinamica di gruppo rappresentano il fondamentale punto di forza del DML.
E’ la domanda a guidarci »
Si può parlare di modello RIKEN nella ricerca scientifica così come si è parlato di modello Toyota nell’industria? Da questa domanda è nata un’idea. Dall’idea una scommessa. Che il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Salerno ha deciso di cogliere. Con un progetto di ricerca per l’anno 2008. Che si propone di analizzare, sulla base di una ricerca sul campo, a partire da alcuni studi di caso, il modello organizzativo RIKEN; la struttura dei suoi processi decisionali; le dinamiche di collaborazione – competizione, di creazione di senso, di costruzione di ambienti sociocognitivi serendipitosi che caratterizzano la sua attività; la sua elevata capacità di attrarre talenti da ogni parte del mondo.
The winner is »
Gli obiettivi? Verificare se e come il RIKEN può essere un modello vincente. Se e come tale modello può indurre processi di isomorfismo. Se e come tali processi possono delineare, per l’Italia e l’Europa, opportunità inedite di organizzazione e sviluppo della ricerca scientifica. Definire scenari e indicare proposte che frenino la fuga e lo spreco di cervelli. Incoraggiare i giovani a non abbandonare la difficile ma entusiasmante via della ricerca scientifica. Offrire alle comunità di manager e di ricercatori elementi utili alla loro riflessione e al loro agire. Dare una qualche risposta alla domanda di studi innovativi sul pensiero organizzativo.
That’s all folks. Per ora.