A Paolo e a Giovanni
di Carmela Talamo
Lo ricordo come fosse successo poche ore fa. Erano i giorni in cui si traslocava da Secondigliano a Somma Vesuviana, eravamo in macchina, i soliti noti, mio marito mia madre ed io. Si parlava di lampade, plaffoniere. Mamma voleva portarci in un negozio che aveva intravisto durante uno dei tanti tentativi di trovare il percorso più breve dalla vecchia casa alla nuova. L’atmosfera era serena e rilassata. All’improvviso la radio dà notizia dell’attentato. Silenzio. Nessuno aveva il coraggio di parlare. Ricordo che ho cominciato a piangere in silenzio, senza respiro, senza singhiozzi. Rivoli di lacrime mi bagnavano il viso. Era la rabbia ed il dolore ma, ahimè, anche la paura e la consapevolezza che sarebbe successo ancora.
Non ho mai pensato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come a degli eroi (eppure lo sono stati). Ho sempre pensato che fossero uomini che non avevano scelta, poichè la loro scelta l’avevano già fatta, ed erano rimasti coerenti ad essa per tutta la vita e a costo della vita stessa.