Fermate il tempo, voglio scendere
Ebbene sì. Il tempo inafferrabile, che è la misura di tutte le cose, che tutto toglie e tutto dà, non è stato e non è sempre lo stesso tempo né dal punto di vista scientifico, né da quello filosofico, né, tanto meno, da quello sociale.
Basta pensare ad Albert Einstein e alle sue teorie della relatività ristretta e della relatività generale per rendersene conto. O anche ai 40 anni e poco più trascorsi da quando, era il 1967, nel corso della tredicesima Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure, si è convenuto che un secondo è un intervallo di tempo che contiene 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di cesio 133. O ancora al fatto che il tempo dei romani non è lo stesso tempo di Benedetto da Norcia, quello dei contadini medioevali non è lo stesso dei lavoratori dell’industria tessile inglese del diciannovesimo secolo, così come quello scandito dall’alternarsi del giorno e della notte non è lo dell’orologio a molla da taschino e poi da polso.
Perché vi raccontiamo tutto questo? Perché produce effetti sulle nostre vite, in particolar modo in questa fase nella quale i cambiamenti sono più veloci e radicali e il modello sociale fondato sulla stabilità – dei valori, delle istituzioni, dei rapporti sociali e umani – vive una profonda crisi.
Viviamo il tempo dei senza tempo. In cui non basta fare presto. Bisogna essere veloci. A prescindere. Sempre di più. A ogni età.
Hai già 6 anni? La scuola e i compiti, tutti i giorni; sport, teatro o ballo, due o tre volte a settimana; l’appuntamento col dentista per registrare la macchinetta il mercoledì; il cinema o la festa di compleanno di qualche compagno di classe il sabato; la domenica col papà.
Correre, correre, correre ancora. Per andare dove?
In una bellissima storia di Dylan Dog, il fumetto culto delle generazioni post Tex Willer, l’indagatore dell’incubo si trova alle prese con una categoria molto speciale di morti viventi. Diversamente dai loro colleghi dei film dell’orrore, canonicamente assettati di vendetta e di sangue, gli inquilini del cimitero di Lowhill ritornano alla vita semplicemente perché intendono recuperare tempo, quello che non hanno speso bene nel corso della loro vita, impegnati come erano a correre avanti e indietro, giorno dopo giorno, come forsennati.
E se provassimo a scendere alla fermata prima?