Il filo rosso di Santina Verta
Santina Verta
Caro Vincenzo,
sto trepidando con te e Luca in questo viaggio “serindipindoso”… mi fermo spesso a rileggere per le impreviste e sorprendenti sfaccettature che partendo da un’idea- desiderio, trova la strada dell’attesa/ intesa, condita da ansie e imprevisti che il nuovo impone.
Vivo con voi, ad ogni pagina, una curiosità contagiosa, ricca di emozionanti scoperte dell’evolversi dei contatti, gli attesi disagi, l’estraneità che diventa alleanza, sorrido delle parche colazioni e dei lauti pranzi, attraverso come un segugio le mappe stradali di vie ignote e misteriose… accolgo con batticuore gli intralci e i fortunosi contatti con questa umanità che si dipana come un filo d’Arianna.
Devo scrivere ora, dopo la notte con papà (73), arriverò tardi a scuola, il caffè trabocca, ma l’impeto emotivo deve trovare un freno, ci sono immagini che si sovrappongono come un caleidoscopio con la mia vita. Ti (ri) conosco nella comunanza del percorso originario, abbraccio mentalmente quel ragazzino di Secondigliano che si rispecchia negli occhi del tuo Luca: nell’orgoglio amorevole, tenero e, a volte, schivo, come sa essere chi viene da una consapevolezza vissuta con ardore.
Apprezzo questo non rinnegare da dove veniamo, anzi il rivalorizzarlo è un punto di estrema importanza, rompe quel moto di falsa modernità che ha invasato molti compagni, scambiando il nuovo con cancellazione del passato … chi rinnega se stesso lacera la storia, si nasconde sotto un manto di ipocrito non -senso di appartenenza, forse impedisce la visione d’insieme del dove siamo ora e della perdita inevitabilmente dolorosa!
Ritrovo una forza nel tuo modo di stare in contatto con gli altri che era lo status della vita di sezione, l’antico PCI, mi ha lasciato questo senso della fratellanza che ci faceva sentire potenti- capaci di scalare le difficoltà.
Crescevamo, mentre sognavamo una equità sociale, rendevamo allegre le infinite discussioni, colmandole di speranza!
Mi fermo, per ora… e spero di continuare presto questo dialogo mai interrotto.
Buona giornata a te e alla tua famiglia, Santina
“Per gli esseri umani, pensare a cose passate significa muoversi nella dimensione della profondità, mettere radici e acquisire stabilità, in modo tale da non essere travolti da quanto accade-dallo Zeitgeist, dalla storia, o semplicemente dalla tentazione. Il peggior male non è dunque il male radicale, ma il male senza radici.E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti.proprio per questo, il male può raggiungere vertici impensabili, macchiando il mondo intero”
Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale
Maria Paraggio
Chissà perché questo post mi ha rimandato ai miei tredici anni, al ginnasio e ha riportato alla memoria giorni e accadimenti.
Nell’anno scolastico 1968-69 frequentavo la quarta ginnasiale. Venivo dalla provincia ed avevo da poco compiuto solo tredici anni ( avevo fatto la primina). A Salerno c’erano due licei: il Liceo Tasso, frequentato dal fior fiore della bella gioventù salernitana, con la sua prestigiosa sede in centro e il Liceo F. De Sanctis che era ubicato in un palazzo di cinque piani. Il mio era il De Sanctis. C’erano, rigorosamente, due ingressi, uno per i maschi ed uno per le femmine. La presidenza, strategicamente, era ubicata al terzo piano.
Quando è iniziato l’anno scolastico, il primo ottobre, portavo ancora i calzettoni (calzini alti di lana) e alcuni compagni addirittura i pantaloni corti (Così si usava). Sembravamo ancora bambini, mentre i ragazzi di città si distinguevano sia per la spigliatezza che per gli abiti alla moda. Pian piano, ci adeguammo a quel nuovo stile di vita, imparando dagli altri e trovando un nostro proprio gusto. Ben presto cominciarono a circolare volantini ciclostilati che parlavano di collettivi, assemblee, cortei, scioperi per ottenere una riforma.
Poi all’ingresso della scuola, sia all’entrata che all’uscita cominciarono a formarsi capannelli di studenti intorno a due o tre leader. Dal Tasso venivano alcuni del movimento studentesco, già vivo, e facevano opera di convincimento tra noi. Si respirava un’aria di tensione tra i diversi gruppi di destra e sinistra. Ormai il movimento si era politicizzato. Ricordo che uno studente del Tasso fu picchiato proprio davanti al nostro liceo.
Le ragazze che, per un certo tempo, si erano tenute lontane, cominciarono ad aggregarsi intorno ai leader che fecero molte conquiste femminili. Il carattere forte, la novità, gli ideali fecero più colpo della bellezza maschile.
Assemblea era la parola che più passava di bocca in bocca. Ci furono scioperi, cortei di varie scuole che poi si riunivano al Tasso. Si passò all’occupazione, poco prima delle feste di Natale. Ragazzi e ragazze si asserragliarono all’interno dell’Istituto per circa 40 giorni. Per il timore di essere coinvolta negli scontri tra gruppi di estrema destra e sinistra, i miei non vollero che andassi a scuola per tutto il tempo. Le mie compagne mi tennero informata. Ormai si respirava un’aria di libertà, di parità di sessi, di libertà di opinione mai provata.
Tutta l’Italia studentesca era in fermento. Cominciarono ad arrivare i primi risultati. Ci fu concessa l’assemblea di istituto, l’assemblea di classe, la ricreazione. Anzi alcuni istituti ottennero mezz’ora di ricreazione e si poteva uscire e rientrare in classe alla ripresa. Noi del De Sanctis, invece, con un referendum tra alunni, scegliemmo di abolire la ricreazione e optare per un orario ridotto. Uscivamo alle 12:20 per le quattro ore e alla una 1:10 per le cinque.
A livello nazionale si ottenne l’abolizione dell’esame di ammissione dal V ginnasio al I liceo, bella conquista, soprattutto per me che avrei dovuto sostenerlo a breve, e in seguito fu approvato l’esame di stato su due materie orali e due scritte.
La conquista più grande fu però il riconoscimento della parità delle donne nel prendere decisioni importanti in tutti i campi della società, con l’abolizione di tanti tabù che l’avevano accompagnata fino a quel momento.
Dimenticavo di dirvi che in prima fila nei cortei, con megafono e una sciarpa stretta intorno al collo faceva la sua bella figura un famoso e discusso giornalista televisivo.