Viviana e Francesco
Francesco lo conoscevo già, qualche anno fa è stato mio studente a Unisa. Ci siamo visti qualche volta dopo, poi più nulla fino al nostro incontro on Facebook Planet. Se posso dire la verità, nel senso di se posso dire come sono andate veramente le cose, io quando abbiamo fatto amicizia su Facebook non lo sapevo di aver fatto amicizia proprio con lui. Innanzitutto perché tra i chips irrimediabilmente persi della mia memoria quelli che si riferiscono ai nomi, di cose viventi e inanimate, stanno al primo posto. Poi perché i rapporti con le persone mi piace viverli con curiosità, quando posso con intensità, nei casi più belli con complicità e facendo in questo modo, almeno per me funziona così, finisci per dare più valore, e tempo, a ciò che ti accade adesso, mò, now, che alla nostalgia e al ricordo.
Dite che anche i ricordi sono belli? E chi lo mette in dubbio. Questo stesso post è l’omaggio al ricordo della bella sera che Viviana e Francesco hanno dedicato a me e a Cinzia. Ma resta il fatto che io uno sono, ho la fortuna di avere tante persone che mi vogliono bene, e già mi tocca gestire i sensi di colpa di non ruscire a ridare loro almeno una parte del bene che mi vogliono. Insomma io a Francesco non me lo ricordavo. Uffa. Fino alla sera in cui Francesco non mi scrive in chat “Ma hai mai provato a giocare con i tautogrammi?”.
I tautogrammi? What’s tautogramma? Con quel tauto iniziale (a Napoli ‘o tauto è la bara, si, proprio la cassa da morto) che non mi dice niente di buono. Però curioso sono curioso, vado a vedere, capisco il senso, lancio il primo gioco, si affaccia Viviana, che non so che è la moglie di Francesco che non so che è il mio studente, che comincia a coinvolgerci tutti, fino a che questo blog comincia ad essere popolato da un bel pò di belle persone che prima non conoscevo.
Non mi chiedete quanto tempo ci ho messo per capire che Viviana è la moglie di Francesco e quanto per capire che Francesco è il mio studente che non ve lo dico. Ciò che invece intendo dirvi, finalmente direte voi, non andate sempre di pressa dico io, è che venerdì sera io e Cinzia siamo stati ospiti a cena a casa nostra. Dite che è una contraddizione in termini? Che non si può essere ospiti a casa propria? E invece no. Perché in realtà siamo stati ospiti a casa di Viviana e Francesco. Che ci hanno accolti così bene da farci sentire come a casa nostra. Lo dico con le parole del mio amico Salvatore Veca (Dell’incertezza, Feltrinelli, è un libro bellissimo, leggetelo), “Non mi piace l’ospitalità opportunistica o quella sciatta, sbracata. Mi piace l’attenzione. E la cura, discreta, nel ricevere, nella cerchia della philia, ha una sua naturale bellezza”.
Della naturale bellezza con la quale siamo stati accolti venerdì sera sono sinceramente grato a Viviana e Francesco. Punto.